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Troppi straordinari e stress, il lavoratore ha diritto al risarcimento secondo la Cassazione

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Risarcimento senza dimostrare la malatti

Oltre ai limiti di orario imposti dalla normativa,la questione ruota attorno all'articolo 2087 del Codice Civile.

Quando il lavoro straordinario diventa una regola e non più un'eccezione, il diritto del lavoratore si trasforma da rivendicazione economica a questione di salute e dignità. Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, lo svolgimento di un numero elevato di ore di straordinari può determinare una lesione del diritto al riposo, protetto dall'articolo 36 della Costituzione. La lesione, anche in assenza di patologie cliniche certificate, viene riconosciuta dalla giurisprudenza come danno presunto, cioè non bisognoso di una prova specifica ma desumibile dalle condizioni di fatto. Se un dipendente lavora per anni con un carico orario eccessivo, non servono altre perizie mediche: basta documentare i turni per invocare il risarcimento. La giurisprudenza non guarda solo alla busta paga, ma osserva quanto la quotidianità professionale possa incidere sull'equilibrio psico-fisico.

Nel caso emblematico trattato dalla Cassazione con ordinanza 26450 del 2021, il lavoratore aveva accumulato centinaia di ore di straordinario all'anno, ben oltre i limiti di legge, fissati a 250 ore annue nei principali contratti collettivi. Secondo la Suprema Corte, questo comportamento aziendale non è giustificabile, nemmeno con una corretta retribuzione. Il danno scaturisce non solo dalla mancata fruizione del tempo libero, ma anche dalla compressione della qualità della vita. È un danno alla persona che merita tutela in sé. Per questo, la Cassazione ha confermato la condanna del datore al risarcimento equitativo per usura psicofisica.

  • Tutela dell'integrità psicofisica come obbligo primario
  • Come ottenere il risarcimento senza dimostrare la malattia

Tutela dell'integrità psicofisica come obbligo primario

Oltre ai limiti di orario imposti dalla normativa,la questione ruota attorno all'articolo 2087 del Codice Civile, che obbliga l'imprenditore ad adottare tutte le misure per salvaguardare la salute e l'integrità fisica e morale del lavoratore. Non si tratta di una norma generica, ma di un precetto che attribuisce al datore una posizione di garanzia, la cui violazione comporta responsabilità patrimoniali. Se l'azienda non previene un ambiente lavorativo usurante, ad esempio con ritmi eccessivi o non concedendo pause, può essere chiamata a risarcire i danni da stress lavoro-correlato.

La giurisprudenza ha chiarito che il danno si configura anche in assenza di mobbing o vessazioni: è sufficiente che l'organizzazione aziendale non consenta un equilibrio tra lavoro e riposo. La Cassazione ha evidenziato che lo stress cronico non può essere tollerato come normale effetto collaterale dell'occupazione. Se l'impresa costruisce turni massacranti e impone straordinari per coprire la carenza di personale, la sua colpa è grave. In questi casi il lavoratore ha diritto alla retribuzione maggiorata per lo straordinario, ma anche a un risarcimento supplementare per il danno morale e biologico.

Come ottenere il risarcimento senza dimostrare la malattia

Una delle novità introdotte dalla giurisprudenza è il principio secondo cui il danno da usura psicofisica può essere presunto, cioè riconosciuto anche in assenza di certificati medici. Se un lavoratore dimostra di aver svolto molte più ore rispetto ai limiti legali o contrattuali, per lunghi periodi, il giudice può desumere il danno in via equitativa. In concreto significa che il lavoratore può fondare la sua richiesta sul confronto tra l'orario teorico e quello effettivo con prove come buste paga, badge di ingresso/uscita, turni settimanali o dichiarazioni testimoniali.

È sufficiente ad esempio dimostrare di aver lavorato oltre 48 ore a settimana per mesi, senza i recuperi, per ottenere un risarcimento forfettario, stabilito dal giudice in base all'entità dell'abuso. La cifra può variare a seconda della durata, della categoria professionale e della gravità della situazione, ma in molti casi si parla di importi tra i 3.000 e i 15.000 euro, con punte anche superiori. In alcuni casi, se lo stress ha portato a patologie gravi, si può aggiungere un danno biologico e una richiesta di pensione di inabilità.

Anche in assenza di patologie certificate, il lavoratore ha inoltre il diritto di dimettersi per giusta causa, senza obbligo di preavviso e con diritto alla Naspi. Se dimostra che la pressione lavorativa è stata incompatibile con la tutela della propria salute, la giurisprudenza riconosce la legittimità dell'interruzione unilaterale del rapporto. In questo scenario, l'impresa potrà essere condannata anche alla reintegrazione o al pagamento di un'indennità sostitutiva nei casi di mancato rispetto delle procedure disciplinari o di pressioni indebite.

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