Analizzare come si calcola la pensione finale in base alle diverse tipologie rappresenta un passaggio essenziale per chi desidera preparare la propria uscita dal mondo del lavoro con consapevolezza.
Il sistema previdenziale italiano si caratterizza per la presenza di molteplici modalità di accesso alla pensione e regole differenti in funzione dei periodi contributivi, delle età, e delle tipologie di pensionamento previste dalla normativa vigente.
L’architettura delle pensioni in Italia si fonda sull’obbligatorietà della contribuzione e su tre principali sistemi per il calcolo dell’importo spettante: sistema retributivo, sistema contributivo e sistema misto.
Il sistema retributivo considera la media delle retribuzioni percepite negli ultimi 5 o 10 anni di carriera e il numero degli anni lavorati, attraverso specifici coefficienti di rendimento.
Il sistema contributivo utilizza il montante contributivo accumulato, rivalutato annualmente in base al PIL nazionale, che viene trasformato in pensione annua tramite l’applicazione del coefficiente di trasformazione relativo all’età del pensionamento
Per chi presenta periodi lavorativi sia precedenti che successivi al Primo gennaio 1996, si applica il sistema misto: ogni quota della pensione viene calcolata secondo il metodo vigente nei rispettivi periodi.
Il procedimento alla base del calcolo dell’assegno previdenziale in Italia si articola, dunque, sui tre metodi retributivo, contributivo e misto. Ognuno di questi sistemi segue regole specifiche:
Per il sistema misto, la somma finale si ottiene calcolando separatamente la quota retributiva (utilizzando la media degli stipendi nel periodo previsto) e la quota contributiva (sommando i contributi rivalutati dopo il 1996 ed applicando il coefficiente di trasformazione relativo all'età di pensionamento), per poi sommarle.
In generale, dunque, l’entità dell’assegno previdenziale è determinata da diversi elementi, tra cui:
Le differenze tra i sistemi hanno un impatto completamente diverso sugli importi delle pensioni future.
L’accesso alla pensione di vecchiaia è previsto a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi. L’importo spettante si basa sul sistema previdenziale di appartenenza:
Ad esempio: un lavoratore con 300.000 euro contributi versati e coefficiente del 5,575% (67 anni) ottiene una pensione annua di circa 16.725 euro.
Nel sistema retributivo, chi ha avuto una retribuzione media di 30.000 euro negli ultimi anni e 35 anni di contributi (aliquota totale 70%) può aspettarsi un importo annuale di pensione di vecchiaia di circa 21.000 euro.
Il calcolo dell’assegno pensionistico può variare in modo rilevante in base al sistema di calcolo applicato. Per fornire maggiore chiarezza, vengono illustrati brevi casi simulati relativi alle principali modalità previste dalla legge.
Esempio metodo misto
Lavoratore con 15 anni di contributi entro il 1995 (media retributiva €27.000) e altri 18 anni dopo il 1995 (contributi versati €110.000, coefficiente 5,575%):
Pensione totale lorda = €8.100 + €6.132,50 = €14.232,50
Queste simulazioni evidenziano quanto le differenze contributive, la tipologia di carriera e l’età di accesso possano influenzare l’importo della pensione maturata, sottolineando l’importanza dei parametri di base e delle peculiarità di ciascun sistema.
Di seguito una tabella esemplificativa che mostra come varia la pensione in funzione del sistema utilizzato:
Sistema | Valore Contributivo o Retributivo | Vita lavorativa | Pensione annua stimata |
Contributivo | €250.000 | 35 anni | €12.000 |
Retributivo | media €32.000 | 40 anni | €22.400 |
Misto | €120.000 (pre 1996) + €120.000 (post 1996) | 30 + 20 anni | €16.000 |
La pensione anticipata in Italia è ottenibile senza limiti di età con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (41 anni e 10 mesi per le donne). Non è previsto alcun requisito anagrafico minimo, ma i contributi devono essere effettivi, figurativi o volontari. Resta applicato un periodo cosiddetto finestra di tre mesi tra la maturazione del requisito di uscita e l’erogazione effettiva dell’importo finale spettante.
Il calcolo dell’importo segue lo stesso metodo cui il lavoratore avrebbe diritto per la vecchiaia: sistema contributivo per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 o sistema misto per i soggetti con anzianità precedente, applicando la ripartizione tra quota retributiva e contributiva già illustrata. In pratica, dopo aver determinato il proprio montante contributivo e identificato il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età al momento della decorrenza, si giunge alla rata annua lorda. Esistono penalizzazioni specifiche solo per chi opta per l’uscita anticipata prima dei 62 anni di età, come riduzioni percentuali sulla quota contributiva.
La Quota 103 prevede l’accesso con un’età minima di 62 anni e almeno 41 anni di contributi.
Il calcolo dell’assegno avviene prevalentemente con il sistema contributivo e prevede limiti all’importo massimo percepibile pari a 5 volte il trattamento minimo INPS fino al raggiungimento dell’età ordinaria di vecchiaia.
Per esempio: un lavoratore che decide di andare in pensione prima con la quota 103 a 62 anni, con un montante di 330.000 euro e un coefficiente 4,783%, otterrà circa 15.784 euro annui lordi.
Dal punto di vista economico, questa prestazione implica specifici limiti:
I vantaggi consistono, invece, nella possibilità di accedere alla pensione in anticipo rispetto ai normali requisiti richiesti e nella rapidità dell'accesso al trattamento.
Opzione Donna permette alle lavoratrici di accedere anticipatamente alla pensione (60 anni nel 2025, con almeno 35 anni di contributi, più una finestra mobile di 12 mesi per le lavoratici dipendenti e di 18 mesi per le autonome) e il trattamento finale si calcola esclusivamente con il metodo contributivo puro.
Questo implica penalizzazioni dell'importo, considerando la perdita della quota più favorevole del retributivo e coefficienti meno generosi.
L’importo della prestazione viene calcolato, dunque, esclusivamente con il metodo contributivo, a prescindere dalla data di inizio dell’attività lavorativa. Questa caratteristica determina una riduzione dell’assegno, poiché il coefficiente utilizzato è quello relativo alla più bassa età e manca il vantaggio del sistema retributivo per i periodi antecedenti al 1996.
Simulando il caso di una donna con 35 anni di contributi e montante pari a 140.000 euro alla soglia anagrafica prevista, il coefficiente a 61 anni (4,399%) comporta:
Pensione annua lorda = 140.000 x 0,04399 = 6.158,60 euro.
L'ape sociale permette di andare in pensione anticipata chi si trova in condizioni di particolare disagio (disoccupazione, assistenza a familiari, lavori usuranti) a condizione che abbia raggiunto almeno 63 anni di età e 30 anni di contributi, a seconda della categoria di appartenenza, che salgono a 36 per gli usuranti.
L’importo massimo che si può ottenere uscendo con questo sistema non può superare i 1.500 euro al mese lordi, calcolati esclusivamente con il sistema contributivo sugli anni maturati.
Considerando il caso di lavoratore con 36 anni di contributi, che ha accumulato un montante 190.000 euro e calcolando un coefficiente 4,978% (63 anni) avrà una pensione finale di 9.458,20 euro annui, per 788 lordi al mese.
L’Isopensione favorisce l’uscita anticipata per i lavoratori impiegati nelle grandi imprese: occorre un accordo sindacale con il datore di lavoro ed è riservata a coloro a cui mancano non più di sette anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata.
L’importo che si può ottenere è quello maturato secondo le regole della pensione spettante, anticipato dall’azienda fino all’età ordinaria
Il periodo di fruizione dell’isopensione è valido ai fini del calcolo della pensione perché l’azienda continua a versare i contributi all’INPS per il lavoratore.
Il sistema di previdenza complementare rappresenta un pilastro aggiuntivo rispetto alla sola pensione pubblica, consentendo di costruire una rendita integrativa pensata per colmare il divario tra ultimo stipendio percepito e l’importo dell’assegno pensionistico. L’adesione a un fondo pensione permette, infatti, di accumulare risparmi in forma individuale o collettiva, con vantaggi sia in termini di flessibilità dei versamenti sia sotto il profilo fiscale: i contributi sono deducibili fino a limiti annuali e la tassazione sulla rendita finale risulta agevolata rispetto a quella ordinaria.
La rendita proveniente dai fondi pensione integrativi si calcola convertendo il capitale maturato al momento del pensionamento in una prestazione periodica, applicando i coefficienti di conversione previsti dai regolamenti dei singoli fondi. Questi coefficienti variano secondo parametri come età, sesso, anno di nascita e tipologia di annuità scelta, e sono aggiornati periodicamente per riflettere i cambiamenti dell’aspettativa di vita.
Per determinare con precisione la rendita si moltiplica il capitale disponibile per il coefficiente relativo all’età e all’opzione scelta. Ad esempio, un capitale di 100.000 euro, coefficienti 0,04826 per donna di 67 anni: 100.000 x 0,04826 = €4.826 annui.
Simulazione pensione pubblica: una persona con 37 anni di contributi, montante pari a €170.000 e coefficiente a 63 anni (4,186%), ottiene 170.000 x 0,04186 = €7.116,20 annui come base lorda per l’assegno statale. Se la stessa persona sceglie di incrementare la posizione previdenziale con un fondo integrativo e ha accumulato €60.000 alla soglia d’accesso, il coefficiente utilizzato dal fondo per un uomo di 63 anni (0,055) produrrà una rendita integrativa annua lorda di 60.000 x 0,055 = 3.300 euro.
Simulazione con comparto garantito: capitale maturato nei fondi pari a 95.000 euro, coefficiente 0,044, opzione vitalizia semplice: 95.000 x 0,044 = €4.180 annui a cui si aggiunge la pensione pubblica determinata dalle regole ordinarie. I valori effettivi sono soggetti a tassazione agevolata per la rendita integrativa e ordinaria per l’importo pubblico, con possibili differenze in base al regime fiscale individuale e alla data di adesione o permanenza nel fondo.