L'Italia vuole la fatturazione elettronica
L'introduzione della fatturazione elettronica tra privati risulterebbe così vantaggiosa in termini di lotta contro la frode e l'evasione.
La fattura elettronica, ormai, sembra davvero diventare realtà e si inizia con la prima fase di prove con i benzinai. Ma si vaa oltre alla fattura elettronica e sc'è una stretta sl fisco e controlli e multe più severe per tutti i cittadini
Sembra davvero che la fattura elettronica possa diventare realtà tra le aziende quest'anno e per l'anno prsimo tra aziende e privati. Si iniia giò ora con i benzinai per una prova e nel frattempo si è avuto l'ok da parte dall'Ue. sempre nello stesso tempo, comunque la stretta fiscale e di controllo dovrebbe esere già maggiore
A grandi passi verso l'introduzione della fattura elettronica tra privati. L'anno decisivo per la sua entrata in vigore è il 2019, tuttavia la Commissione europea ha presenta una proposta ufficiale per il via libera al Consiglio europeo. L'Italia ha infatti presentato una domanda di deroga per ottenere l'autorizzazione ad applicare la fatturazione elettronica obbligatoria a tutti i soggetti passivi stabiliti sul territorio nazionale, tranne per quelli che beneficiano della franchigia per le piccole imprese, e per introdurre le fatture nel Sistema di Interscambio gestito dall'Agenzia delle entrate. Il vantaggio? L'acquisizione in tempo reale delle informazioni contenute nelle fatture emesse e ricevute fra operatori. La misura, poi, non ha alcuna incidenza negativa sulle risorse proprie dell'Unione provenienti dall'Iva.
L'introduzione della fatturazione elettronica risulterebbe così vantaggiosa in termini di lotta contro la frode e l'evasione oltre che per la semplificazione della riscossione delle imposte. Ci sarebbero vantaggi reali derivati da un più puntuale rispetto degli obblighi fiscali nonché da maggiori tempestività ed efficacia dei controlli antifrode e antievasione. E si darebbe una spinta alla digitalizzazione e alla semplificazione amministrativa. Dal punto di vista tecnico, non sarebbe altreo che l'estensione ai privati della fatturazione elettronica nei rapporti con la pubblica amministrazione. Tutte le fatture della pubblica amministrazione sono convogliate attraverso lo Sistema di Interscambio e trasmesse sia all'ufficio di contabilità generale a fini di controllo della spesa, sia alle autorità pubbliche.
Tra l'altro le autorità tributarie potrebbero effettuare controlli tempestivi e automatici in merito alla coerenza fra l'Iva dichiarata e l'Iva versata. Attualmente servono 18 mesi all’amministrazione fiscale per accertare l'esistenza di un operatore inadempiente. La disponibilità immediata delle fatture elettroniche consentirebbe di ridurre questo lasso di tempo a tre mesi.
E allora, stando al provvedimento della Commissione europea, l'Italia è autorizzata ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano diversi dai soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese. Via libera anche a disporre che l'uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano non sia subordinato all'accordo del destinatario, tranne il caso in cui le fatture siano emesse da soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese. In ogni caso, la decisione riguarda un'autorizzazione concessa a uno Stato membro su sua richiesta e non costituisce un obbligo. La misura speciale è commisurata all'obiettivo perseguito ovvero la lotta contro l'evasione fiscale e la semplificazione della riscossione tributaria.
Al via l'obbligo di fatturazione elettronica anche per i benzinai: la nuova norma, a seguito di proroghe, sarà in vigore a partire dal prossimo primo luglio. Da quella data in poi, e fino al 31 dicembre 2021, il sistema di fatturazione elettronica, già in vigore da gennaio tra tutti i privati, interesserà anche i benzinai. Anche le fatture emesse dai benzinai finiranno nel Sistema di Interscambio (Sdi) gestito dall’Agenzia delle Entrate. La novità della fattura elettronica per i benzinai è stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 ma come tante norme introdotte nel nostro Paese rischia di causare problemi sia per i distributori di benzina obbligati alla fatturazione elettronica che per i contribuenti titolari di partita Iva che potranno beneficiare di detrazioni e deduzioni solo se effettueranno i relativi pagamenti di carburante con bancomat, carte di credito o altri sistemi tracciabili.
Quindi il risparmiometro è il nuovo sistema elaborato dall’Agenzia delle Entrate per controllare le eventuali evasioni da parte dei contribuenti italiani. In maniera non certo sobrio a quanto pare. Il meccanismo alla base di questo strumento è quello di stimare le spese medie di ogni contribuente, confrontarle con il reddito dichiarato e capire se vi sono incongruenze, ovvero se le spese effettuate superano i redditi conseguiti. Il principio che ha ispirato questa misura potrebbe sembrare corretto.
Un accertamento fiscale non può fare a meno di indagare sui conti correnti, conti deposito ed obbligazioni, buoni fruttiferi e carte di credito, nonché prodotti finanziari emessi da assicurazioni e società che si occupano di compravendita di metalli preziosi. Il risparmiometro, però, inverte l’onere della prova: se sul tuo conto corrente ci sono pochi movimenti potresti essere un evasore. L’eventuale incoerenza riscontrata potrebbe essere sintomatica di un “rischio fiscale”. In mancanza di prove verrebbe applicata la tassa sul risparmio, non su tutta la somma depositata in banca ma soltanto su quella parte che, secondo i controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate, ritenuta eccessiva rispetto ai redditi dichiarati.
Il risparmiometro quindi potrebbe trasformarsi ben presto in un vero e proprio modo per spiare i conti correnti degli italiani ideato dal Fisco per ridurre al minimo le cattive tentazioni. Basta fare qualche esempio però per immedesimarsi nelle paure che in questo momento potrebbero spingere i contribuenti a vivere davvero stati di panico accentuato. Con il Fisco e con l’Agenzia delle Entrate, non si scherza, questo è chiaro. Proviamo a considerare un caso che non è poi così improbabile. Coppia di trentenni, con figli, i cui stipendi non bastano a soddisfare le spese quotidiane.
Ovvio che il ricorso all’aiuto dei propri genitori, magari pensionati, è un’ipotesi tutt’altro che peregrina da prendere in considerazione. E l’aiuto, magari per pagare l’affitto di casa, arriva in questi casi sempre in contanti. Come farebbero questi ragazzi a dimostrare al fisco da dove provengono questi soldi? La speranza è che i test a cui il risparmiometro sarà sottoposto prima di entrare in vigore in maniera ufficiale servano ad evidenziare tutto quello che no va per evitare che la scure dell’Agenzia delle Entrate si abbatta sui soliti noti. Quelli che hanno certamente meno colpe riguardo alla clamorosa evasione fiscale che si registra ogni anno in Italia.
Quell'obbligo di denuncia al fisco non va proprio giù e scatta la rivolta dei commercialisti in rivolta. Perché in qualche modo viene inficiato il rapporto con i clienti. Succede infatti che secondo una direttiva dell'Unione europea, i professionisti sono obbligati a denunciare le operazioni sospette. A fare la spia, secondo una interpretazione cruda e senza troppi giri di parole. La norma comunitaria è stata pensata per bloccare gli schemi elusivi transfrontalieri delle multinazionali. Proprio queste sono le ragioni che hanno spinto Bruxelles a serrare i ranghi e stringere le maglie. Ma evidentemente non hanno fatti i conti con i destinatari del provvedimento e la loro volontà di mantenere autonomia nelle scelte.
Allarme allora sulla direttiva dell'Unione europea approvata lo scorso 13 marzo dall'Ecofin, che impone la segnalazione delle operazioni sospette. Come si legge testualmente nel documento, la volontà è di obbligare commercialisti e consulenti fiscali a comunicare gli schemi di pianificazione fiscale aggressiva predisposti per i loro clienti. Il timore è che possa essere solo il primo passo ovvero che dalla richiesta di prestare massima attenzione alle azioni delle grandi società (e soprattutto a segnalarle) si possa passare anche ai piccoli imprenditori e ai professionisti dei vari settori. Se la procedura sembra formalmente corretta, il rischio di andare oltre il dovuto è dietro l'angolo
Perché poi, cosa significa pianificazione fiscale aggressiva? Fino a che punto commercialisti e avvocati tributaristi sono chiamati a comunicare le operazioni dei loro clienti? Perfino l'Ace (Aiuto alla crescita economica) ovvero la misura per incentivare gli investimenti voluta dal governo italiano, è considerata da Bruxelles una pratica aggressiva. La posizione dei professionisti è chiara: non vogliono essere considerati pubblici ufficiali (d'altronde non lo sono) e i rapporti con i clienti sono destinati a essere a rischio. Tutti i dubbi dei consulenti fiscali sono stati riassunti in un documento inviato al Tesoro prima che Bruxelles approvasse il testo.
Come si legge nel documento spedito dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti al ministro dell'Economia, obbligare le persone a comunicare alle autorità pubbliche l'esistenza di fatti o atti illegali è il sogno di ogni governo. Ma se è vero che informatori volontari sono di norma previsti dalla legge, dall'altro l'obbligo di denuncia, soggetto a sanzioni penali in caso di violazione non è frequente anche in relazione a situazioni che sono chiaramente particolarmente gravi.
Cambia il contrasto all'evasione fiscale e l'Agenzia delle entrate è pronta a scatenare un'offensiva più attenta. Nonostante il record di tasse recuperate sbandierato dal governo, molto è cambiato e tanto altro cambierà. E il tutto avviene in un contesto in cui viene assegnato uno spazio maggiore agli enti locali. Basti vedere il recente accordo sottoscritto tra Agenzia delle entrate e Comune di Grosseto. Stando allo schema di intesa, che potrebbe essere replicato anche in altre città, il Comune invierà alle Entrate le segnalazioni qualificate e individuerà quei casi su cui concentrare l'attività, oltre alle tempistiche e alle modalità operative più adeguate per ottenere i migliori risultati nella lotta all'evasione fiscale, secondo criteri di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, così come stabilito dalle parti.
Succede allora che gli ultimi due governi sostengono di aver raggiunto livello da record di recupero dell'evasione, oltre la soglia dei 20 miliardi di euro. Ma si tratta di una cifra contestata perché a fare la differenza - in questo caso come in passato con altri governi - è la modalità di calcolo ovvero cosa si far rientrare in questa cifra. Per molti analisti è infatti scorretto sommare il recupero di gettito ottenuto dall'Agenzia delle entrate con l'attività di controllo o con gli avvisi ai contribuenti, così come le entrate straordinarie e una tantum dei condoni. Insomma, tra antieconomicità e riqualificazione di costi, controllo della dichiarazione, disconoscimento di costi e agevolazioni, incrocio dei dati, questionari verifiche in studi e imprese, c'è molto da studiare e da analizzare fino in fondo prima di poter dire che il modello implementato sia perfetto.
A ogni modo, cambia la lotta all'evasione e il fisco adotta nuove strategie e prende di mira settori ben precisi. Quanto fatto evidentemente fino a questo momento non è stato sufficiente o comunque si può fare molto di più per recuperare terreno e soldi evasi da persone fisiche e autonomi, piccole e medie imprese, grandi contribuenti. Ad esempio con l'invio di più lettere. L'aumento dei destinatari degli alert preventivi è attribuibile alle nuove comunicazioni dei dati di liquidazioni Iva e fatture. Con il riassetto a livello centrale dell'Agenzia delle entrate sono da mettere in preventivo controlli differenziati sulle tipologie di contribuenti e imprese. E poi carte di credito, prodotti assicurativi, compravendita di oro e preziosi diventano adesso le nuove spie per misurare il livello di sommerso.
Più in generale, il focus delle Entrate e su ripresa a tassazione dei costi per servizi infragruppo; omessa fatturazione da parte dei professionisti; contestazione delle fatture soggettivamente inesistenti; crediti di imposta a seguito di agevolazioni; ripresa a tassazione dei compensi erogati agli amministratori, recupero a tassazione delle spese che in apparenza sono esenti; recupero di spese non riaddebitate al cliente; recupero degli interessi sui finanziamenti infruttiferi infragruppo.
Fino a che punto i partiti sono realmente intenzionati a contrastare l'evasione fiscale? Perché a parole sono tutti convinti sull'indispensabilità di mettere in campo una strategia più efficace e più equa rispetto a quella vista negli ultimi anni. Ma i fatti dimostrano come poco si continua a fare o comunque viene fatto con molta lentezza. Un caso lampante è quello dell'adozione della fattura elettronica da inviare all'Agenzia delle entrate, rispetto a cui è stato rinviato l'appuntamento nei rapporti tra privati. Allo stesso tempo si procede con il piede sollevato dal pedale dell'acceleratore del potenziamento delle indagini bancarie. Strettamente legata a questa questione, semaforo rosso per la proroga termini di accertamento in caso di fattispecie penale segnalata dalla Guardia di finanza. Nessuna spinta, almeno per ora sulla trasmissione in tempo reale all'Agenzia delle entrate dei corrispettivi delle transazioni da parte di tutto il commercio al minuto.
Fanno di tanto in tanto capolino le proposte di chiusura degli esercizi in base di mancato rilascio di ricevute e scontrini fiscali, di applicazione di una ritenuta d'acconto da parte delle banche su tutte le operazioni commerciali, di tracciamento obbligatorio di tutti i pagamenti e della concessione di più mezzi, personale e autonomia per l'Agenzia delle entrate per contrastare l'evasione fiscale in Italia. Si tratta in effetti di provvedimenti che presenterebbero un'altra faccia della medaglia da valutare con attenzione. E se nel breve periodo sono ipotizzabili la presunzione di redditi per un biennio per le categorie più a rischio e la riduzione dei benefici sanzionatori in caso di adesione, acquiescenza, mediazione, conciliazione e ravvedimento operoso, nel medio si può fissare il divieto di condoni e sanatorie. E nel lungo, ma da subito e senza ulteriori perdite di tempo, la promozione della cultura della legalità fiscale.
Negli ultimi anni grazie ad una serie di interventi tra cui: privacy, incrocio di banche dati, comunicazioni di tutte le operazioni sopra determinati importi, acquisti di prodotti di valore, analisi dei conti correnti gli occhi del fisco possono analizzare e verificare tantissime informazioni. Ma quali sono i limiti? Cosa può non controllare?
Quali sono le attività in cui l'Agenzia delle Entrate è autorizzata ad espletare per il contrasto dell'evasione fiscale? Conti correnti, contati, acquisti... vediamo cosa può e non può fare.
Non va dimenticato che l'Agenzia delle Entrate può adesso analizzare i movimenti bancari grazie all'Anagrafe dei conti correnti. Vale la regola dell'inversione dell'onere della prova: significa che spetta al titolare del conto dimostrare che il denaro versato sia "pulito" ovvero frutto di attività su cui sono state regolarmente pagate le tasse al fisco. E c'è un aspetto che vale la pena evidenziare: sotto esame non c'è solo l'attività economica delle imprese, soprattutto di grandi dimensioni, ma anche dei professionisti come dimostrano i dati più recenti sulla percentuale dei controlli. Le indagini finanziarie possono essere eseguite nei confronti di tutte le persone fisiche.
Se il titolare di un conto versa una somma maggiore del proprio stipendio mensile, allora il fisco può fare scattare gli accertamenti o comunque una richiesta di chiarimenti. E spetta allo stesso contribuente spiegare la provenienza di quella cifra. Stando infatti alle regole fiscali in vigore, tutti i versamenti su conti correnti sono considerati redditi imponibili. Naturalmente possono esserci valide motivazioni, come
Resta fermo che tutti gli assegni bancari, postali e circolari d'importo pari o superiore a 1.000 euro devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Gli assegni bancari e postali, emessi nei confronti di stesso possono essere girati unicamente per l'incasso a una banca o alle Poste Italiane a prescindere dall'importo. Le banche rilasciano gli assegni muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente tuttavia può richiedere per iscritto il rilascio, in forma libera, di assegni circolari e di moduli di assegni bancari, da utilizzare fino a 1.000 euro, a eccezione delle ipotesi in cui beneficiarie dei titoli siano banche o le Poste. In caso di richiesta di assegni in forma libera, il richiedente deve corrispondere di 1,50 euro per ciascun modulo di assegno a titolo di imposta di bollo.
E ancora: il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore deve essere inferiore a 1.000 euro. In caso di trasferimento di libretti al portatore, indipendentemente dal saldo, il cedente è tenuto a comunicare entro 30 giorni alla banca emittente i dati identificativi del cessionario, l'accettazione e la data del trasferimento. In sintesi:
L'altro aspetto su cui le Entrate sono intervenute per chiarire la normativa riguarda la non applicabilità ai versamenti. Il dubbio è se le modifiche riguardano solo i prelevamenti o anche i versamenti, come sembrano indicare i lavori parlamentari? Ebbene, l'articolo contestato prevede che "sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili". Di conseguenza appare chiaro che la lettera della norma interviene solo sui prelievi non giustificati e non sui versamenti, per i quali rimane in vigore la regola che costituiscono presunzione di reddito qualora non risultassero giustificati.