In quali casi, a chi e quanto conviene non andare in pensione ma rimanere a lavoro per riuscire ad avere un assegno finale più alto
A chi conviene rimanere al lavoro e non andare in pensione quest'anno 2025? Quando si va verso la fine della carriera lavorativa e il raggiungimento di requisiti per andare in pensione, si iniziano a fare calcoli e stime di quanto si potrà prendere una volta collocatisi a riposo.
In moltissimi casi, gli importi prospettati non sono certamente rosei e alti tanto da soddisfare i lavoratori dell’essere finalmente arrivati alla pensione.
E c’è chi si chiede cosa fare per integrarla, se ci sono soluzioni valide o se è meglio continuare a lavorare. Vediamo di seguito nel dettaglio quando e a chi effettivamente conviene non andare ancora in pensione.
Se, infatti, lo scorso anno veniva riconosciuto solo a coloro che raggiungevano i requisiti per andare in pensione la quota 103 ma decidevano di restare a lavoro, nel 2025 è stato ampliato a comprendere anche chi matura i requisiti per la pensione anticipata ordinaria.
Ciò significa che chi matura i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e i 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne ma continua a lavorare può beneficiare dello sgravio per aumentare il proprio stipendio, fino al pensionamento.
Restando a lavoro e ritardando la pensione, il bonus Maroni permette di ottenere un aumento dello stipendio netto grazie alla restituzione dei contributi previdenziali in busta paga, senza alcuna tassazione aggiuntiva, ma forse poco incide sulla convenienza finale del trattamento che si avrà, considerando che i contributi pagati in busta paga non si accumulano poi nel montante contributivo per il calcolo dell'assegno finale.
Conviene, dunque, non andare in pensione e ritardare il momento dell'uscita a chi può andare in pensione anticipata ordinaria o con la quota 103 e decide di restare comunque a lavoro e ottenere il bonus Maroni.
Ma è conveniente non andare in pensione e restare a lavoro, fino a quando l'età anagrafica lo permette per legge, a chiunque voglia aumentare il proprio assegno finale continuando a versare i contributi necessari per incrementarlo.
Un anno o due anni in più di contributi versati non cambiano certamente la pensione finale di moltissimo ma comunque contribuiscono a rendere l'importo più alto.
Inoltre, per capire se e quando conviene restare a lavoro e ritardare la pensione bisogna valutare anche l'impatto dei coefficienti di trasformazione legati all'età, fattori che permettono di verificare se andare in pensione o prolungare la carriera lavorativa.
Per fare un esempio, prendendo il caso di un lavoratore che ha uno stipendio lordo mensile di 2mila euro, potrebbe avere circa 184 euro netti in più in busta paga.
Questa somma non è soggetta a Irpef, garantendo un aumento reale del reddito disponibile.