Mercati finanziari tra crisi e ripresa: uno sguardo alle tensioni globali, alle Borse di Italia, Europa, USA e Asia, alla volatilitŕ di Big Tech e banche, rendimenti obbligazionari e strategie di investimento per la settimana in arrivo.
I mercati finanziari globali si trovano nel mezzo di una fase di transizione caratterizzata da elevata incertezza e profonde trasformazioni. Nella prossima settimana dal 10 al 14 novembre 2025, l’attenzione si concentra sulle previsioni relative all’andamento delle principali piazze mondiali, in un contesto segnato da volatilità, tensioni geopolitiche, dinamiche inflazionistiche e nuove politiche economiche. La domanda centrale è se stiamo vivendo l'anticamera di una crisi o l’inizio di una fase di ripresa o meglio di continuazione del trend ascendente, dopo alcune sessioni negative, per i mercati finanziari.
L’equilibrio tra crescita e stabilità viene continuamente messo alla prova da una serie di tensioni interconnesse che plasmano le tendenze dei mercati.
La questione dell’inflazione rimane prioritaria: se l’Eurozona sta registrando una dinamica dei prezzi in rallentamento, con l’indice armonizzato annuale tornato vicino al target BCE del 2%, in altri Paesi permane un contesto meno rassicurante.
Gli Stati Uniti affrontano una pressione inflazionistica più elevata, accompagnata da una crescita robusta dei prezzi al consumo e salariale per le fasce di reddito più alte, mentre in Turchia la banca centrale ha rivisto al rialzo le proprie previsioni di inflazione fino al 33% per la fine del 2025.
Parallelamente, i dazi continuano a influire sui flussi commerciali internazionali. Le tensioni tra USA e Cina, legate anche alla filiera dei semiconduttori e alle esportazioni di auto, hanno avuto impatti differenti sulle economie asiatiche e su quelle europee.
I dazi americani sul settore automotive giapponese sono stati in parte ridotti, ma rimangono un elemento di pressione sui margini delle aziende (come evidenziato dai recenti conti di Honda che ha abbassato le stime di profitto).
Sul mercato domestico, l’indice Ftse Mib ha vissuto una settimana alternata, toccando quota 43.438 punti (+0,41% nella seduta intermedia), per poi chiudere con un ribasso attorno all’1,1% a 40.077 punti a fine settimana. La volatilità è stata amplificata da nuove dinamiche sui dazi tra Stati Uniti, Ue e Canada, che hanno pesato soprattutto sui settori auto e lusso.
| Indici principali | Variazione settimana (%) |
| Ftse Mib | -1,1 |
| DAX (Francoforte) | -0,5 |
| Euro Stoxx 50 | -0,6 |
| CAC 40 (Parigi) | -0,05 |
L’inflazione nell’area OCSE è rimasta stabile (al 4,2%), in Italia si attesta all’1,6%, mentre l’andamento dei titoli di Stato è stato caratterizzato da riacquisti di Btp per circa 5 miliardi di euro, segnale di una strategia di stabilizzazione del mercato obbligazionario nazionale.
Negli Stati Uniti, la settimana si è aperta con notevoli oscillazioni legate sia alle prospettive sullo shutdown, giunto a 36 giorni record, sia alla nuova fase della guerra commerciale. L’annuncio di dazi incrementali al 35% contro il Canada e le minacce di aumenti fino al 20% verso UE e partner internazionali hanno innalzato la volatilità e colpito in particolare il comparto tecnologico e automobilistico. In particolare, una delle sedute della settimana ha registrato il peggiore ribasso dell’S&P 500 dal 2020 (-4,84%), generando una perdita di 2.400 miliardi di dollari di capitalizzazione. Il Nasdaq 100 è sceso del 5,41%. In contrasto, nella parte finale della settimana si è assistito a una ripresa grazie a dati migliori sull’occupazione privata e all’attesa di tagli dei tassi da parte della Fed, con S&P 500 e Nasdaq tornati sui massimi storici brevi.
L’Asia ha vissuto giornate all’insegna del risk-off, soprattutto nelle sedute influenzate dalla correzione dei titoli tecnologici statunitensi e dalla prospettiva di nuove tensioni commerciali globali. Il Nikkei giapponese ha archiviato una delle peggiori giornate con un calo del 4,5%, segnando massimi discendenti e interrompendo una serie rialzista iniziata in aprile. Anche Seul e Taipei hanno sofferto ribassi a doppia cifra, complice il crollo dei listini tecnologici e i warning di banche d’investimento internazionali.
| Indice | Performance settimana (%) |
| Nikkei 225 | -4,5 |
| Hang Seng | Volatile (+2,2% max, ribassi a metà settimana) |
| Shanghai Composite | +0,5 |
La sospensione temporanea dei dazi sulla soia e altri prodotti USA da parte di Pechino ha avuto impatti positivi sui titoli legati all’export, equilibrando la pressione negativa derivante dai timori di deflazione.
Il comparto obbligazionario offre uno scenario di relativa stabilità, dopo i forti movimenti che hanno caratterizzato i mesi precedenti. In Europa, i rendimenti dei Buoni del Tesoro Poliennali italiani (BTP) e dei Bund tedeschi restano contenuti, con lo spread BTP-Bund assestato sotto i 90 punti e il rendimento del decennale italiano intorno al 3,5%. Questi livelli favoriscono un clima di fiducia tra gli emittenti periferici, sostenuti anche dalla strategia prudente della BCE.
Negli Stati Uniti il Treasury decennale resta ancorato vicino al 4,07%, segnalando aspettative di stabilità e una certa cautela nell’approccio agli investimenti dopo il taglio dei tassi da parte della Fed. Il differenziale decennale-due anni si mantiene su livelli moderati, evidenziando una curva dei rendimenti ancora piatta e l’assenza di pressing sulla futura inflazione. Di seguito, una sintesi dei principali rendimenti governativi:
| Stato | Decennale (%) | Note |
| Italia | 3,52 | Spread in calo vs. Bund |
| Germania | Sotto 2,7 | Stabilità, benefici da BCE |
| USA | 4,07 | Effetto Fed, curva piatta |
| Regno Unito | 4 | Stabilità, cautela BOE |
| Giappone | 0,5 | Tassi invariati, inflazione su target |
Nel comparto corporate, si conferma selettività su titoli ad alto merito creditizio e crescente interesse per obbligazioni indicizzate all’inflazione.
All’orizzonte delle prossime settimane restano molteplici elementi di incertezza che potrebbero condizionare il sentiment e l’operatività degli investitori. Nel breve termine, il rischio di prolungamento dello shutdown governativo americano rappresenta un elemento di pressione particolarmente avvertito: la paralisi degli apparati federali, ormai la più lunga della storia, ha già generato ripercussioni su traffico aereo, statistiche ufficiali, data release macroeconomiche e fiducia degli operatori.
A questo si aggiunge la marcata debolezza dell’indice di fiducia dei consumatori USA, sceso a livelli minimi da tre anni, riflesso sia delle persistenti tensioni “politico-amministrative” sia di una inflazione percepita ancora elevata su beni essenziali e servizi. In Europa, le preoccupazioni si concentrano su esportazioni e dati industriali, ma la resilienza delle imprese finora ha garantito una relativa stabilità occupazionale e crescita moderata.
Sul fronte delle aspettative macro, la Federal Reserve appare sempre più dipendente dalla qualità e tempestività dei dati per orientare le future decisioni sui tassi, mentre dall’altra parte dell’Atlantico la BCE si prepara a valutare la sostenibilità dei recenti progressi nel raffreddamento degli indici dei prezzi. L’ulteriore rallentamento della dinamica salari-prezzi, la valutazione dei piani di capex aziendali e le revisioni delle stime di crescita saranno elementi determinanti per la traiettoria dei mercati.
Le strategie focalizzate sui dividend yield stanno conoscendo un vero e proprio revival: società europee con track record di distribuzione stabile o crescente sono tornate al centro dell’interesse per chi cerca protezione da volatilità e compressione dei rendimenti obbligazionari. In Italia, una particolare attenzione è rivolta anche al segmento delle mid-cap, con outlook favorevole per titoli con solidi fondamentali, bassa leva finanziaria e presenza significativa nel contesto internazionale.
Tra le opportunità settoriali, emergono:
Lo scenario attuale restituisce una fotografia dei mercati in bilico tra rischi e potenzialità. L’evoluzione nelle prossime settimane dipenderà dalla risoluzione dello shutdown statunitense, dalle scelte delle banche centrali su tassi e liquidità, e dalla capacità delle imprese, sia in Europa che negli USA, di adattarsi rapidamente a uno scenario macro mutato rispetto ai mesi precedenti.
Gli analisti sottolineano come l’attenzione debba restare massima sui principali driver: inflazione, stabilità fiscale, andamenti della domanda interna e risultati societari. In assenza di shock esogeni, prevale una visione prudenzialmente costruttiva: la crisi sembra poter essere evitata grazie al dinamismo delle aziende, alla resilienza occupazionale e alla capacità regolatoria delle banche centrali. Al tempo stesso, la ripresa non appare scontata: occorrerà monitorare indicatori macro e microeconomici e aggiornare tempestivamente le strategie di investimento.
In questa prospettiva, la parola d’ordine per i prossimi giorni resta cautela, accompagnata da selettività e costante attenzione alle prospettive dei mercati finanziari nella settimana dal 10 al 14 novembre 2025.