Quali sono le soluzioni migliori per tutelare la propria quota di eredità legittima: cosa prevede la normativa vigente
Nei sistemi successori italiani, la tutela della parte di eredità riservata per legge ad alcuni familiari rappresenta uno degli aspetti centrali per chi si trova a dover affrontare una successione. Questa frazione, nota come "quota di legittima", garantisce che certi eredi, detti legittimari, ricevano una porzione minima del patrimonio del defunto, indipendentemente dalla volontà espressa tramite testamento o da donazioni in vita. Senza un’adeguata conoscenza delle regole sulla determinazione e protezione delle riserve, si rischia che le attribuzioni ereditarie siano inficiate da errori o irregolarità, con possibili contenziosi tra gli eredi.
Il Codice Civile identifica come legittimari, cioè beneficiari della quota di eredità, il coniuge, i figli e, in mancanza di questi, gli ascendenti (genitori del defunto). A ciascuno di essi la legge riserva una porzione dell’asse ereditario che non può essere sacrificata completamente neanche in presenza di volontà testamentaria contraria. Ad esempio:
La normativa italiana impone un processo articolato per il calcolo della legittima: non ci si basa solo sugli attivi rimasti alla morte del defunto, ma anche su quanto trasferito in vita. Il primo passaggio è la riunione fittizia, una ricostruzione contabile finalizzata a verificare il rispetto delle quote di riserva. Tale riunione si svolge in tre fasi:
Questa operazione assicura che i legittimari non vengano penalizzati da donazioni fatte a favore di terzi o di altri eredi. Solo dopo aver compiuto tale ricostruzione e confronto tra quanto ricevuto dal legittimario rispetto alla propria quota si può valutare la presenza di una lesione e agire giudizialmente.
Per evitare che donazioni o cessioni precedenti possano ledere la quota spettante ad un erede, la legge offre diversi strumenti di protezione. Il più rilevante è l’azione di riduzione, che consente al legittimario leso di contestare le attribuzioni eccedenti la quota disponibile. Attraverso questa azione è possibile:
L’esercizio dell’azione di riduzione presuppone che il legittimario abbia accettato l’eredità, talvolta con beneficio d’inventario. Deve inoltre dimostrare la lesione mediante una ricostruzione accurata del compendio ereditario. L’ordine delle riduzioni è tassativo: si inizia dalle disposizioni testamentarie, che vengono ridotte proporzionalmente, e solo se questa riduzione non è sufficiente, si passa alle donazioni eseguite in vita, partendo dalle più recenti fino alle più antiche.
Il sequestro conservativo consente, invece, di vincolare beni mobili, immobili o somme di denaro, impedendone la dispersione prima della definizione del giudizio. Per ottenere il provvedimento occorre dimostrare sia la ragionevolezza delle proprie pretese sia il rischio concreto che il patrimonio venga sottratto o dissipato. La richiesta di sequestro è un valido strumento che rafforza la posizione dei legittimari, preservando la quota durante il procedimento.
Le donazioni poste in essere dal de cuius possono essere contestate nei limiti temporali fissati dalla legge: per l’azione di riduzione, il termine è di dieci anni dalla morte del donante, mentre per l’azione di restituzione contro terzi acquirenti, oggi oggetto di profonde modifiche normative, il limite è spesso di venti anni dalla data della donazione.
La contestazione della donazione deve essere condotta con una dimostrazione precisa della lesione, della consistenza patrimoniale e dell’esistenza di atti dispositivi eccedenti la quota disponibile. In presenza dei requisiti, la donazione può essere ridotta o dichiarata inefficace nei confronti del legittimario leso.