Nonostante l'approvazione del Ddl Semplificazioni 2025, ci sono ancora casi in cui una donazione deve essere restituita: quali sono e quando si verificano
L’entrata in vigore del nuovo Ddl Semplificazioni ha determinato una svolta nella disciplina delle donazioni, ridefinendo i confini entro i quali è possibile chiedere la restituzione di beni donati. Questa riforma, approvata nel novembre 2025, mira a risolvere le principali criticità che rendevano incerta la circolazione dei beni oggetto di donazione e a rafforzare la sicurezza giuridica nei trasferimenti patrimoniali.
La recente riforma ha impattato profondamente sulla procedura di restituzione delle donazioni, modificando sia i termini che i soggetti coinvolti. In passato, gli eredi, detti legittimari, che si vedevano lesi nella loro quota di riserva a causa di una donazione, potevano agire sia nei confronti del beneficiario della donazione sia verso i successivi acquirenti del bene donato, entro un ampio termine decennale. Era quindi frequente che chi acquistava un immobile donato dovesse affrontare rischi anche molti anni dopo la donazione, con evidenti ricadute negative sulla commerciabilità del bene e sull’accesso al credito.
Oggi il quadro è mutato: il Ddl Semplificazioni 2025 ha limitato la possibilità per gli eredi di agire contro i terzi acquirenti, concentrando il diritto di credito direttamente sul donatario. L’azione di riduzione e restituzione, fondamentale per la tutela della quota di legittima, resta garantita ma opera principalmente nei confronti del donatario e non più a scapito di chi ha acquistato il bene da quest’ultimo. Solo in situazioni temporanee e per successioni aperte prima dell’entrata in vigore della legge, permangono alcune ipotesi residuali in cui si applica la vecchia disciplina. Per riassumere:
Nonostante la nuova legge restringa notevolmente l’ambito di restituzione verso i terzi acquirenti, restano diversi casi in cui il donatario è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto. Le ipotesi principali sono:
È il caso specifico del figlio donatario che manca gravemente nei confronti del genitore. In questo caso la revoca va richiesta al tribunale dal donante stesso o dagli eredi entro il termine prescrizionale previsto (un anno dalla conoscenza del fatto). Se il giudice accoglie la richiesta, il donatario perde ogni diritto sul bene e sarà obbligato a restituirlo o a rimborsare il valore qualora il bene non sia più nel suo patrimonio.
L’azione per ingratitudine rimane pienamente operante anche alla luce delle recenti riforme e riguarda sia rapporti tra viventi sia il caso in cui siano gli eredi a chiederla dopo la morte del donante.
Mentre la restituzione dell’immobile o del bene mobile iscritto è stata profondamente riformata, le donazioni in denaro rimangono soggette all’obbligo di restituzione se risultano lesive dei diritti dei legittimari. Il Ddl Semplificazioni non ha, infatti, escluso la possibilità, per gli eredi lesi, di agire con azione di riduzione per le somme di denaro donate dal defunto nel corso della vita, quando queste comportino un pregiudizio alle quote riservate per legge.
In tal caso, il donatario risponde personalmente per il denaro ricevuto, e sarà tenuto a versare agli eredi la quota necessaria per reintegrare i loro diritti. È altresì chiaro che, trattandosi di denaro o valori fungibili, la restituzione avviene sempre mediante pagamento della somma dovuta, senza possibilità di coinvolgere eventuali terzi beneficiari successivi.
La protezione dei diritti dei legittimari resta un pilastro essenziale del sistema successorio italiano anche con le ultime modifiche. La quota legittima rappresenta la porzione di patrimonio riservata per legge ai familiari più stretti del defunto (coniuge, figli e, in assenza di questi, ascendenti).
L’azione di riduzione costituisce lo strumento tipico attraverso cui queste persone possono ottenere il riconoscimento della quota di legittima lesionata da donazioni o disposizioni testamentarie e agire contro il donatario: