L'elemento più sorprendente del rapporto riguarda l'aumento del reddito medio degli avvocati, che nel 2024 è salito del 6,8% rispetto all'anno precedente.
Il numero degli iscritti agli albi professionali continua a diminuire, mentre i redditi medi degli avvocati registrano un aumento. Secondo il Rapporto 2024 di Cassa Forense, redatto in collaborazione con il Censis e presentato a Roma il 2 aprile 2025, gli avvocati iscritti alla Cassa sono 233.260, in calo dell'1,6% rispetto al 2023. Una contrazione che segna un'emorragia di oltre 12.000 unità dal 2020, anno in cui gli iscritti toccavano quota 245.030.
Nonostante il calo numerico, il rapporto tra iscritti e popolazione rimane stabile, pari a 4 avvocati ogni mille abitanti, un dato che in sé riflette ancora un'elevata densità di professionisti sul territorio. Ad abbandonare più frequentemente la toga sono le donne: solo nel 2024, le avvocate che hanno lasciato la professione sono state 2.140, spesso prima dei 45 anni. L'età media complessiva dell'avvocatura è in crescita: oggi si attesta sui 48,9 anni, ben più alta rispetto ai 42,3 anni del 2002, segnale di un invecchiamento costante della categoria. In parallelo, il numero dei pensionati è salito a 34.719, contro i 29.868 del 2019. Vogliamo capire:
Dal punto di vista geografico, le differenze regionali sono ancora più marcate: in Lombardia il reddito medio è di 81.115 euro, in Calabria precipita a 24.203 euro (appena 17.000 per le donne). Una distanza che delinea due professioni diverse: da un lato l'avvocatura che lavora nei grandi centri economici, ben integrata nel tessuto imprenditoriale e dotata di specializzazioni di valore; dall'altro, una larga parte del Paese in cui esercitare la professione legale è sempre più difficile, precario e scarsamente remunerato.
Un altro dato critico riguarda la soddisfazione professionale. Il 33% degli avvocati italiani ha dichiarato che lascerebbe la professione se ne avesse l'opportunità. La causa principale? Costi troppo alti rispetto ai benefici. Il 63% di chi vorrebbe abbandonare la toga lo fa per motivi economici: tra affitti, spese di studio, contributi previdenziali, software gestionali, formazione obbligatoria, commercialista e assicurazione professionale, l'avvocato medio si trova ad affrontare costi fissi ingenti, non sempre sostenibili soprattutto per i giovani.
A complicare il quadro si aggiunge anche la lentezza del sistema giustizia. In molti casi, la scarsa soddisfazione dei clienti, le lungaggini processuali e i pagamenti in ritardo contribuiscono a erodere ulteriormente il margine economico del professionista. Il risultato è un circolo vizioso in cui i costi crescono, le entrate stagnano e la fiducia nella professione si assottiglia.
Nonostante questo scenario complesso, il futuro dell'avvocatura non è destinato al declino. Al contrario, secondo Cassa Forense, la riduzione degli iscritti può innescare un processo virtuoso di riequilibrio tra domanda e offerta per una progressiva riqualificazione della professione legale. Meno avvocati significa meno concorrenza sleale, meno compressione dei compensi e maggiore possibilità di valorizzare competenze specialistiche. Il ritorno a una professione più selettiva, meno inflazionata, può aumentare la qualità media del servizio offerto e restituire prestigio e potere d'acquisto agli avvocati che restano sul mercato.
Un altro aspetto del cambiamento riguarda la tecnologia. L'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella professione è ancora basso - solo il 27,5% degli avvocati la impiega regolarmente - ma cresce l'interesse: il 31,7% sta valutando di adottarla nei prossimi mesi. Le applicazioni principali riguardano la ricerca giurisprudenziale, la redazione automatizzata degli atti e l'organizzazione documentale.