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Forza Armate, Vigili del Fuoco e Polizia in pensione 6 mesi più tardi ma tutto può ancora cambiare nel corso Manovra Finanziaria

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Fino a sei mesi in più di lavoro per poter andare in pensione per impiegati di Forze Armate, Vigili del fuoco e Polizia: la novità in Manovra finanziaria 2026 ma si punta a ulteriori modifiche

Nei mesi più recenti, la questione dell’innalzamento dei requisiti per andare in pensione per il personale delle Forze Armate, Vigili del Fuoco e dei Corpi di Polizia è emersa con forza nel dibattito pubblico e istituzionale. L’annuncio di un possibile slittamento di sei mesi della pensione per chi opera nei comparti sicurezza e difesa ha provocato accese reazioni e discussioni, sia al livello sindacale che politico. 

Le regole attuali per il pensionamento di Forze Armate, Vigili del Fuoco e Polizia

L’accesso alla pensione nelle Forze Armate, nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e nelle forze di Polizia risponde attualmente a norme distinte da quelle del resto del settore pubblico. Il principio di specificità militare riconosce, infatti, caratteristiche peculiari a questi comparti, come rischi operativi e limitazioni nei diritti sindacali. La normativa in vigore distingue fra diversi criteri di accesso agli assegni previdenziali:

  • Età ordinaria: per la maggior parte del personale, il pensionamento è prevista attorno ai 60 anni per i gradi inferiori e fino a 65 anni per i gradi superiori.
  • Contributi richiesti: è necessario aver versato almeno 20 anni per la pensione di vecchiaia. Sono previsti altri canali di uscita: a 41 anni di contributi totali, oppure con almeno 35 anni di contribuzione a partire da 58 anni di età.
  • Per i soggetti che, al 31 dicembre 2011, avevano maturato la massima anzianità contributiva (aliquota dell’80%), è possibile l’uscita a 54 anni, con decorrenza della pensione dopo 12 mesi dal raggiungimento del requisito.

Come cambia l'età pensionabile con la Manovra: aumenti dal 2027 e dal 2028

L'approvazione della prima  bozza della Manovra prevede che l’uscita dal servizio sarà ritardata di quattro mesi dal 2027, passando poi a sei mesi dal primo gennaio 2028. Si tratta di un adeguamento collegato alle dinamiche demografiche e all’aumento della speranza di vita, tema già affrontato in diverse sessioni di lavoro parlamentari e oggetto di approfondimento da parte di INPS e ISTAT.

Per la pensione di vecchiaia, la soglia potrebbe raggiungere quindi 67 anni e 3 mesi a partire dal 2027, con un ulteriore incremento previsto a 67 anni e 5 mesi nel 2029. Sul versante della pensione anticipata, dal 2027 sarebbero richiesti 43 anni e 1 mese di contributi, con un ulteriore allungamento a 43 anni e 3 mesi dal 2029.

Anno Vecchiaia Anticipata
2025-2026 67 anni 42 anni e 10 mesi (uomini)
41 anni e 10 mesi (donne)
2027 67 anni e 3 mesi 43 anni e 1 mese
2029 67 anni e 5 mesi 43 anni e 3 mesi

Sistema di calcolo delle pensioni nel Comparto Difesa e Sicurezza: criteri e criticità

L’importo delle pensioni per il personale in divisa viene calcolato attraverso il sistema misto, che combina una quota retributiva (fino al 1995) e una quota contributiva (dal 1996). La Corte dei Conti ha recentemente ribadito l’uso di una aliquota del 44% sulla parte retributiva, più generosa rispetto a quella dei civili. Tuttavia, il passaggio al contributivo puro per i nuovi arruolati implica che per molti l’assegno finale sarà meno vantaggioso, per cui si considera:

  • Quota retributiva: tiene conto degli ultimi stipendi e dell’anzianità maturata fino al 31/12/1995.
  • Quota contributiva: si calcola sul montante contributivo versato dal 1996, rivalutato su base annua.
Il personale che lascia il servizio prima dei 67 anni accumula importi inferiori rispetto a chi resta fino all’età piena nel pubblico impiego civile. Inoltre, i coefficienti di trasformazione penalizzano chi accede alla pensione da una età più bassa, poiché la prestazione sarà erogata per un periodo teoricamente più lungo.
  • La mancanza di un riconoscimento pieno della brevità della carriera operativa e delle sue specificità costituisce tuttora un punto debole.
  • L’aggiornamento periodico dei coefficienti, collegato all’andamento del PIL, rappresenta un ulteriore elemento di incertezza e di rischio per la tenuta del potere d’acquisto delle pensioni future.

Il confronto politico-sindacale sulla riforma pensionistica: annunci, dibattito e possibili cambiamenti durante l'iter della Manovra

La novità annunciata nella Manovra ha originato numerosi confronti tra le sigle sindacali del comparto sicurezza e difesa, le associazioni rappresentative e i vertici politici. Le principali organizzazioni, CGIL, SIM Marina, FP CGIL Vigili del Fuoco, denunciano la mancanza di comunicazione preventiva sulle modifiche dei requisiti pensionistici e chiedono maggiore trasparenza istituzionale.

Nel dibattito parlamentare, le opposizioni hanno contestato l’assenza di confronti tecnici e di un chiaro riferimento normativo alle eventuali modifiche. Alcuni parlamentari e membri del Governo hanno ribadito pubblicamente che ogni innalzamento dei requisiti dovrà essere accompagnato da tutele sostanziali per tutte le categorie coinvolte. Tra le richieste principali:

  • Blocco dell’automatismo degli aumenti dell’età pensionabile legati esclusivamente alla speranza di vita;
  • Revisione della posizione dei baby boomers, esclusi da precedenti misure di anticipo pensionistico;
  • Salvaguardia delle condizioni per i soggetti esposti a maggiori rischi o impegnati in mansioni usuranti.
Non mancano segnalazioni sulla necessità di rivalutare gli importi pensionistici e di attivare una previdenza di garanzia per giovani e lavoratori discontinui, in modo da evitare una progressiva erosione del valore delle future pensioni. L’esito del confronto resta legato all’iter di approvazione della Manovra 2026 e alle eventuali correzioni introdotte dai parlamentari.

 

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