Sul fronte dei lavoratori beneficiari, al momento risultano coinvolti nei premi di risultato oltre 3,2 milioni di dipendenti.
Introdotti per legare la retribuzione variabile al raggiungimento di obiettivi misurabili, i contratti di produttività si sono trasformati in un volano per la crescita interna e un segnale di evoluzione nei rapporti tra impresa e lavoratore. I dati ufficiali parlano chiaro: sono oltre 12.000 i contratti attivi, con un incremento del 13,7% rispetto all'anno precedente. Un ritmo di crescita che conferma il successo della formula, ulteriormente favorito dalla detassazione agevolata al 5% per i premi di risultato, misura prorogata fino al 2027 dalla Legge di Bilancio. Approfondiamo in questo articolo:
La composizione delle imprese aderenti a questi strumenti evidenzia un dato strutturale: il 50% delle aziende firmatarie ha meno di 50 dipendenti, a dimostrazione di quanto le piccole imprese vedano in questi contratti un'opportunità per trattenere talenti, migliorare la produttività e accedere a benefici fiscali. Il restante tessuto è composto da realtà di medie e grandi dimensioni: il 35% ha almeno 100 addetti mentre il 15% si colloca nella fascia intermedia tra 50 e 99 dipendenti. Nonostante la diffusione sia trasversale, permane un forte squilibrio geografico: il Nord Italia concentra il 73% degli accordi attivi, seguito dal Centro (17%) e dal Mezzogiorno, che resta fermo al 10%. Un divario che, al di là delle dinamiche economiche territoriali, sottolinea la necessità di politiche di accompagnamento più incisive al Sud.
Sul fronte dei lavoratori beneficiari, al momento risultano coinvolti nei premi di risultato oltre 3,2 milioni di dipendenti: una platea ampia, che abbraccia sia rapporti di lavoro a tempo determinato che indeterminato, esclusivamente nel settore privato. Tra questi, 2,2 milioni sono legati a contratti aziendali, mentre poco più di un milione di lavoratori beneficia di intese territoriali. La differenza si riflette anche nel valore medio dei premi riconosciuti: i contratti aziendali garantiscono in media 1.807,52 euro annui, mentre quelli territoriali si attestano su un valore medio decisamente più contenuto, pari a 681,51 euro. La media nazionale complessiva è pari a 1.581,51 euro, un dato che, al netto delle variazioni settoriali e dimensionali, testimonia l'impatto reale di questi strumenti sul reddito dei lavoratori.
Va sottolineato che la Legge di Bilancio 2025 ha confermato la tassazione agevolata al 5% per i premi fino a 3.000 euro lordi, elevabili a 4.000 euro nel caso di imprese che prevedano un coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro. Un meccanismo che favorisce la partecipazione attiva dei dipendenti, valorizzando le dinamiche di cooperazione interna e responsabilizzazione condivisa. Il beneficio fiscale è accessibile solo per chi, nell'anno precedente, ha percepito un reddito da lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro, una soglia ampia che comprende la stragrande maggioranza della forza lavoro privata.
Sono 9.850 gli accordi che prevedono obiettivi di produttività ovvero incremento dei volumi, riduzione degli scarti o miglioramento dell'efficienza dei processi. A seguire, 7.803 contratti pongono l'accento sulla redditività, spesso misurata in termini di margini operativi o fatturato netto. Altri 6.186 accordi si focalizzano sulla qualità dei prodotti o dei servizi offerti.
Una quota dei contratti prevede l'introduzione di strumenti di welfare aziendale, che rappresentano una delle evoluzioni della contrattazione di secondo livello. In questi casi, il premio può essere convertito, in tutto o in parte, in benefit non monetari: dalla previdenza complementare alle polizze sanitarie, fino ai servizi per la famiglia o il tempo libero. In oltre 1.255 casi, i contratti contemplano un piano di partecipazione, aprendo così scenari di cogestione e condivisione delle strategie aziendali tra impresa e dipendenti.