L’annunciata revisione dell’Isee, Indicatore della Situazione Economica Equivalente, a partire dal 2026, si propone di ridefinire i criteri di accesso ai principali benefici sociali in Italia. L’esclusione della prima casa dal computo patrimoniale e l’aggiornamento delle cosiddette “soglie” rappresentano una svolta, in particolare per i proprietari di immobili. I cambiamenti sollevano tuttavia critiche in relazione all’impatto sull’equità tra proprietari e conduttori di contratti di locazione.
Quali sono le novità del calcolo ISEE 2026: esclusione della prima casa e nuove soglie
La revisione dell’ISEE prevista dal 1° gennaio 2026 introdurrà modifiche sostanziali sia per la componente patrimoniale sia per le soglie di accesso alle agevolazioni sociali, prevedendo:
- Esclusione della prima casa dal calcolo patrimoniale: la principale novità riguarda la totale esclusione dell’abitazione principale dal patrimonio ai fini ISEE fino a un valore catastale di 100.000 euro, così come indicato dai documenti programmatici inviati dal Governo a istituzioni europee e Parlamento. Questo cambia radicalmente la valutazione della "ricchezza" immobiliare dei proprietari, mentre restano conteggiati pienamente altri immobili come le seconde case e immobili a reddito.
- Rivalutazione della scala di equivalenza: sono previste maggiorazioni per i nuclei familiari con figli, in concreto uno 0,1 aggiuntivo per due figli, 0,25 per tre e così via. Viene così favorita una platea più ampia di famiglie, specialmente con figli minori.
- Nuove soglie e valori di franchigia: la riforma dovrebbe aggiornare le franchigie sulla prima casa (finora 52.500 euro di valore IMU, incrementati in base ai figli), portandole in alcune ipotesi fino a 100.000 euro e prevedendo aumenti per le famiglie numerose. Se approvata, solo valori oltre tale soglia inciderebbero sull’indicatore, ma con la proposta attuale, tale quota verrebbe interamente esclusa.
- Restano inseriti affitti e liquidità: i canoni di affitto continuano a essere dedotti solo parzialmente dal reddito complessivo, senza incremento delle soglie di deduzione rispetto agli ultimi aggiornamenti normativi.
Il legislatore motiva la cancellazione della prima casa dal computo con la volontà di fotografare la reale capacità di spesa, distinguendo tra beni non liquidabili e patrimonio effettivamente utilizzabile, mettendo così al centro il reddito disponibile. Le nuove regole impatteranno su una vasta fetta di famiglie, soprattutto tra chi ha acquistato l’abitazione principale sostenendo un mutuo gravoso e non gode di elevata liquidità.
Tempistiche e applicazione: la riforma è tuttora in iter parlamentare, con possibilità di modifica nella stesura finale. Una volta in vigore, si applicherà a tutte le DSU presentate dal 2026, con obbligo di nuova dichiarazione anche per chi ha richiesto l’ISEE nel 2025.
Le differenze tra proprietari e affittuari: chi ci guadagna e chi ci perde con la riforma
L’esclusione della prima casa dal calcolo ISEE genera un evidente differenza tra chi è proprietario e chi vive in locazione. Analizzando le simulazioni fornite dagli esperti e le prime stime prodotte da INPS e associazioni di categoria, emergono le seguenti dinamiche:
| Proprietari prima casa |
Beneficio consistente, in particolare per famiglie residenti in abitazioni situate in aree urbane o con valore catastale elevato. La “scomparsa” della prima casa dal patrimonio riduce spesso l’indicatore anche di 8.000-14.000 euro sui nuclei medio-piccoli, favorendo il rientro nelle soglie di bonus come quello nido, borse di studio ed esenzione universitaria. |
| Affittuari |
Beneficio pressoché nullo, se non marginale. Il canone di locazione continua a essere dedotto solo in parte, con massimali non aggiornati. Nella pratica, le famiglie in affitto non avranno vantaggi aggiuntivi, mentre si moltiplicano i beneficiari di supporti sociali tra i proprietari che prima erano esclusi solo per il valore non più considerato della casa di residenza. |
La forbice si allarga, ad esempio, a favore dei giovani che hanno acquistato casa con gli sforzi dei primi anni di lavoro, rispetto a chi mantiene liquidità o investimenti e vive in affitto. Ne risulta che:
- Proprietari di immobili economici o rurali: il vantaggio diminuisce proporzionalmente, ma resta maggiore di zero, soprattutto nelle aree extra urbane.
- Affittuari con patrimonio liquido o investimenti: tutto ciò continua a essere considerato senza modifiche, quindi il potenziale di accesso a bonus è immutato.
L’attuale
mancato aggiornamento della deducibilità dei canoni, nonostante il rialzo dei prezzi delle locazioni negli ultimi anni, determina che la riforma premi strutturalmente i proprietari, lasciando sostanzialmente invariata la posizione di chi versa il canone o è in cerca di casa.
Perché l’ISEE 2026 penalizza i nuclei in affitto: assenza di aggiornamento delle deduzioni e confronto numerico
La mancata riforma del meccanismo di deducibilità del canone di locazione è centrale nell’effetto discriminante verso chi vive in affitto:
- Canone di affitto non aggiornato: la quota massima deducibile dal reddito resta ferma alle soglie fissate diversi anni fa (circa 7.000 euro annui), e la maggior parte dei nuclei, specie nelle aree metropolitane, paga spesso cifre ben superiori.
- Nessuna indicizzazione: a fronte dell’aumento generalizzato dei prezzi delle locazioni e del costo della vita, non si registra un adeguamento delle soglie di deducibilità rispetto all’inflazione e alle condizioni attuali del mercato.
- Effetto comparato: mentre il patrimonio immobiliare del proprietario svanisce dal calcolo, un patrimonio di pari valore in forma liquida invece pesa integralmente sull’indicatore, come pure gli eventuali investimenti necessari a coprire i canoni d’affitto.
Un esame numerico chiarisce la penalizzazione:
| Tipo nucleo |
ISEE attuale |
ISEE post-riforma |
| Proprietario, abitazione 120.000€ con mutuo residuo |
21.000€ |
9.500€ |
| Affittuario, stessa liquidità e reddito |
21.000€ |
19.800€ |
La differenza diventa ancora più marcata nelle fasce basse e medio-basse, dove la nuova regolamentazione non aggiorna le detrazioni, lasciando le famiglie in affitto molto meno avvantaggiate rispetto ai proprietari, a parità di disponibilità finanziaria.
Accanto a questo tema strutturale, la mancata revisione delle deduzioni comporta un’ulteriore penalizzazione per quanti sono costretti a vivere in affitto per ragioni lavorative o familiari.
Leggi anche