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Legge 104 può essere riconosciuta anche a un lavoratore in partita Iva e professionista per sentenza tribunale di Torino

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Verso una legge 104 inclusiva

Nonostante l'innovazione giurisprudenziale, la normativa italiana resta ferma a una distinzione tra lavoratori subordinati e autonomi.

Chi ha la partita Iva ed è un lavoratore autonomo o professionista può avere la legge 104 e i relativi diritti, bonus e agevolazioni?

Secondo l'interpretazione tradizionale, i permessi retribuiti previsti dall'articolo 33 della legge erano destinati a chi, con contratto subordinato, risultava inserito in un'organizzazione di lavoro controllata dal datore. Questa limitazione ha generato nel tempo uno squilibrio normativo in quanto metteva ai margini lavoratori autonomi e liberi professionisti da un diritto che, nella sostanza, ha una funzione di garanzia esistenziale, e non solo lavorativa.

La svolta è arrivata da una sentenza del Tribunale di Torino,. Un professionista sanitario convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, affetto da disabilità grave, aveva chiesto di usufruire dei permessi previsti dalla 104 per esigenze legate al proprio stato di salute. Di fronte al rifiuto dell'Asl, il lavoratore ha deciso di ricorrere al giudice, denunciando una violazione del principio di uguaglianza. Il tribunale ha accolto la domanda, affermando che la forma contrattuale non può essere il criterio esclusivo per accedere a un diritto fondamentale. Vediamo meglio:

  • Legge 104, discriminazione indiretta e tutela europea per i lavoratori in partita Iva
  • Verso una legge 104 inclusiva con una riforma normativa

Legge 104, discriminazione indiretta e tutela europea per i lavoratori in partita Iva

Nel motivare la decisione relativa alla legge 104 per i lavoratori in partita Iva e i professionisti, il giudice del lavoro ha richiamato la direttiva 2000/78/CE dell'Unione europea, che vieta ogni forma di discriminazione diretta o indiretta sul luogo di lavoro fondata sulla disabilità. Il punto centrale della sentenza è l'affermazione che il mancato riconoscimento dei permessi, solo perché il lavoratore non ha un contratto subordinato, è una disparità di trattamento priva di giustificazione razionale. Secondo la Corte, l'obiettivo della legge 104 non è privilegiare un tipo di contratto, ma quello di garantire la piena partecipazione alla vita sociale e lavorativa alle persone con disabilità.

La sentenza di Torino si inserisce in un quadro più ampio di interpretazioni evolutive della normativa lavoristica e assistenziale. In Italia, dove la figura del professionista è spesso associata a condizioni lavorative precarie o flessibili, l'estensione dei diritti ai titolari di partita Iva è una risposta concreta alla realtà di milioni di persone che, pur lavorando a pieno titolo, sono escluse dai diritti previsti per i colleghi con contratto dipendente.

Il tribunale ha inoltre sottolineato che il criterio da adottare per stabilire l'accesso ai permessi non può essere il rapporto di lavoro, ma la situazione soggettiva della persona disabile. È la condizione di salute a rendere necessaria una pausa dall'attività lavorativa, indipendentemente dal contratto. Questo principio rafforza la visione per cui le tutele sociali devono adattarsi alla flessibilità del lavoro contemporaneo, e non viceversa.

Pur trattandosi di una decisione relativa a un singolo caso, il suo valore giuridico è sistemico. La pronuncia crea un precedente che potrà essere citato in altri ricorsi simili, specie da parte di professionisti che lavorano in convenzione con enti pubblici, come psicologi, medici, logopedisti e fisioterapisti. Si apre uno spiraglio per una possibile estensione giurisprudenziale della legge 104, in attesa di un aggiornamento legislativo che colmi definitivamente questo vuoto.

La lezione che emerge da questa vicenda è che la forma contrattuale non può costituire un ostacolo alla fruizione dei diritti civili e sociali. L'affermazione di un diritto fondamentale non può essere subordinata alla classificazione lavorativa, soprattutto in un'epoca in cui il confine tra autonomia e subordinazione è sempre più sfumato.

Verso una legge 104 inclusiva con una riforma normativa

Nonostante l'innovazione giurisprudenziale, la normativa italiana resta ferma a una distinzione tra lavoratori subordinati e autonomi. A oggi, non esiste una disposizione che riconosca esplicitamente i permessi della legge 104 ai professionisti con partita Iva, salvo i casi interpretati dai tribunali in base ai principi antidiscriminatori europei.

Anche se il giudice può interpretare e innovare il diritto nei casi concreti, spetta al legislatore trasformare questi segnali in riforme stabili e generalizzate. La sentenza di Torino offre uno spunto per una modifica normativa che armonizzi i diritti tra le varie tipologie di lavoratori e riconosca la centralità della persona come fondamento del sistema di welfare.

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