Dallo stop all'aumento dell'età pensionabile nel 2027 al rafforzamento di opzione donna, all'uscita a 64 anni di età con il Tfr: le nuove proposte di Durigon per la riforma pensioni 2026
Il dibattito sulle pensioni torna ad occupare un posto centrale nell’agenda politico-economica nazionale. All’orizzonte si profilano cambiamenti rilevanti, dettati dalla necessità di conciliare le esigenze di sostenibilità dei conti pubblici con la tutela delle aspettative dei lavoratori.
Il 2027 potrebbe vedere l’innalzamento automatico dell’età pensionabile, ma il Governo valuta alternative, tra cui una revisione profonda dei meccanismi d’uscita, alla luce sia dell’evoluzione demografica sia delle mutate condizioni sociali ed economiche.
Il sistema previdenziale italiano si basa attualmente su requisiti rigidi per l’accesso alla pensione di vecchiaia: sono necessari almeno 67 anni d’età e 20 anni di contributi. Questi requisiti si aggiornano periodicamente in base all’adeguamento alla speranza di vita calcolato dall’Istat, con revisioni biennali che riflettono le dinamiche demografiche.
L’attuale normativa prevede che dal 2027 sia applicato un aumento di tre mesi per l’età di vecchiaia (67 anni e tre mesi) e per i periodi contributivi necessari per la pensione anticipata: 43 anni e un mese per gli uomini, 42 anni e un mese per le donne. I requisiti richiesti sono, dunque, i seguenti:
Tra le principali proposte spunta quella avanzata dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che prevede l’uscita a 64 anni anche per chi rientra nel cosiddetto sistema misto (contributi sia ante sia post 1996), superando l’attuale riserva per i soli “contributivi puri”.
Il nuovo sistema prevede:
Modalità | Descrizione |
Versamento a fondo pensione negoziale | Una parte del TFR confluisce in fondi dedicati |
Trasferimento diretto all’INPS | Il TFR viene utilizzato per alimentare l’assegno previdenziale |
Gestione integrata pubblico-privato | Accoppiamento del pubblico sistema obbligatorio con schemi integrativi |
Tra i canali di uscita anticipata, Opzione Donna ha rappresentato negli anni un riferimento importante per molte lavoratrici. I criteri per l’adesione hanno però subito un progressivo irrigidimento, determinando il calo sensibile delle richieste.
Attualmente il beneficio è riservato a donne con almeno 35 anni di contributi e 61 anni d’età (60 con un figlio o 59 con almeno due figli), esclusivamente se rientranti nelle categorie di caregiver, invalide al 74% o licenziate.
I dati INPS registrano una forte diminuzione delle pensioni liquidate tramite questo canale: nel primo trimestre 2025 sono state appena 592 le domande accolte, rispetto alle oltre 3.500 del 2024.
Tuttavia, se per Durigon non ha senso prorogare Quota 103, su Opzione Donna ritiene che debba essere potenziata, puntando ad un importo adeguato, considerando che le lavoratrici si caricano del lavoro di cura, e all’introduzione di una finestra di uno o due mesi di attesa per ricevere il primo assegno dopo aver maturato i requisiti.