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Pensioni, quanto dovrebbero aumentare realmente nel 2026 per recuperare tutto il valore perduto. Calcoli ed esempi

di Marianna Quatraro pubblicato il
Pensioni quanto dovrebbero aumentare 202

Il tasso per la rivalutazione pensionistica 20266 è stato fissato all'1,4% ma per recuperare tutto il valore perso gli assegni dovrebbero realmente aumentare almeno del 15% o anche più: gli esempi

L’adeguamento delle pensioni previsto per il 2026 rappresenta uno degli argomenti di maggiore interesse tra i pensionati e le rispettive famiglie. Negli ultimi anni, il potere d’acquisto degli assegni previdenziali ha subito un’erosione costante a causa di tassi di richiesta di rivalutazione considerati insufficienti a fronte del reale andamento del costo della vita. Con l’applicazione di un tasso dell’1,4%, molti si chiedono quanto sia realmente sufficiente questo adeguamento e se possa davvero colmare il gap accumulato. 

Come funziona la rivalutazione delle pensioni: regole e fasce di adeguamento

Il meccanismo della rivalutazione degli assegni pensionistici, noto anche come perequazione, si basa sull’adeguamento annuale degli importi alla variazione dei prezzi al consumo secondo l’indice FOI (Famiglie di Operai e Impiegati) calcolato dall’Istat. L’obiettivo è tutelare i redditi dei pensionati dall’inflazione, sebbene negli ultimi anni l’adeguamento sia risultato spesso parziale rispetto alle effettive variazioni dei prezzi.

I criteri di perequazione e le relative fasce di applicazione sono le seguenti:

  • Pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo: rivalutazione piena (100% del tasso annuale).
  • Pensioni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo: rivalutazione parziale al 90%.
  • Pensioni oltre 5 volte il trattamento minimo: rivalutazione limitata al 75%.
Di conseguenza, per l’anno 2026, la perequazione dell’1,4% sarà applicata in modo differenziato a seconda del livello reddituale:
  • Gli assegni pari o inferiori a circa 2.414 euro mensili (quattro volte il minimo) saranno completamente rivalutati.
  • Quelli entro 3.017 euro beneficeranno del 90% del tasso
  • Oltre i 3.017 euro, l’incremento interesserà solo il 75% del valore calcolato.
Per gli importi minimi, la Manovra prevede altresì incrementi straordinari che, nel 2026, si fermano a un ulteriore 1,3%. Il valore di riferimento della pensione minima sarà quindi di circa 611,85 euro mensili, cifra che funge da base per calcolare anche altre prestazioni accessorie.

Gli aumenti previsti nel 2026: calcoli e simulazioni effettive

L’applicazione del tasso di rivalutazione dell’1,4% alle pensioni comporta aumenti minimi che variano in funzione dell’importo di partenza e della fascia di appartenenza. Si affiancano poi misure di supporto mirate a chi percepisce assegni particolarmente bassi, oltre a interventi normativi sul fronte fiscale.

Nel dettaglio, la pensione minima sarà incrementata fino a raggiungere circa 611,85 euro mensili (con una quota aggiuntiva per chi rientra nella rivalutazione straordinaria). Per chi percepisce importi superiori, la progressione degli aumenti risente della percentuale ridotta nei vari scaglioni:

  • Pensione di 1.000 euro: aumenta a 1.014 euro (+14 euro)
  • Pensione di 1.500 euro: sale a 1.521 euro (+21 euro)
  • Pensione di 2.000 euro: passa a 2.028 euro (+28 euro)
  • Pensione di 2.500 euro: arriva a circa 2.535 euro (+35 euro con rivalutazione parziale)
  • Pensione di 3.000 euro: si porta a 3.041 euro (+41 euro con rivalutazione ulteriore riduzione)
Per gli assegni al di sotto della soglia minima, la rivalutazione 2026 aggiuntiva dell’1,3% porterà alcuni benefici extra (ad esempio una pensione minima supererà i 619 euro mensili).

L’applicazione della riforma fiscale sul secondo scaglione Irpef, ridotto dal 35% al 33%, garantirà un risparmio fiscale fino a 440 euro annui per chi percepisce pensioni tra i 28.000 e i 50.000 euro lordi l’anno, ma senza incidere sugli assegni di importi elevati.

Esempi pratici: quanto aumentano le pensioni con il tasso all’1,4%

I seguenti esempi sintetizzano l’impatto concreto dell’adeguamento dell’1,4% sugli assegni pensionistici tipici, coinvolgendo sia la rivalutazione piena che quelle parziali:

Importo pensione 2025 Nuovo importo 2026 (lordo) Aumento mensile
603 euro (minima) 611,85 euro +8,85 euro
1.000 euro 1.014 euro +14 euro
1.200 euro 1.216,80 euro +16,80 euro
1.400 euro 1.419,60 euro +19,60 euro
2.000 euro 2.028 euro +28 euro
2.600 euro 2.636,14 euro +36,14 euro
3.400 euro 3.445,41 euro +45,41 euro

L’impatto della perequazione limitata risulta evidente, soprattutto per gli assegni superiori a 2.413 euro, dove la percentuale applicata si riduce e l’aumento mensile si assottiglia.

Il valore perso: analisi delle mancate rivalutazioni e degli effetti sugli assegni

I sindacati, tra cui Cgil e Uil, hanno a più riprese denunciato gli effetti negativi delle mancate rivalutazioni rispetto all’inflazione effettiva. Gli anni 2023-2024 hanno registrato una perequazione sensibilmente più bassa rispetto a quanto sarebbe stato necessario per tutelare integralmente il potere d’acquisto. Secondo analisi di settore, la perdita cumulata negli ultimi anni ha raggiunto cifre rilevanti:

  • Perdita di quasi 10 miliardi di euro nel biennio 2023-2024 per effetto delle perequazioni parziali.
  • Nell’arco di dieci anni, il risparmio per le casse pubbliche causa perequazioni ridotte potrebbe arrivare a 61 miliardi lordi (circa 37 miliardi netti).
Le simulazioni sindacali offrono ulteriori dettagli:
  • Un assegno netto di 1.732 euro avrebbe subito un taglio di 968 euro di mancata rivalutazione in tre anni.
  • Un pensionato con 2.029 euro netti avrebbe perso 3.571 euro nello stesso periodo.
  • Sulle pensioni più alte, le perdite attese lungo tutto il periodo di godimento si attestano tra gli 8.772 e i 44.462 euro, a seconda dell’importo iniziale e della speranza di vita.

Quanto dovrebbe essere il tasso di rivalutazione per recuperare il potere d’acquisto?

Gli esperti del settore previdenziale concordano sul fatto che l’attuale tasso dell’1,4%, oltre a essere particolarmente basso, non permette di recuperare la perdita di valore accumulata dagli assegni nel tempo. Diversi sindacati e associazioni di categoria hanno evidenziato che, per una vera tutela del potere d’acquisto dei pensionati, occorrerebbe applicare un tasso di perequazione molto più elevato, stimato intorno al 15%.

Un’ipotesi di questo genere, pur difficilmente compatibile con l’attuale scenario macroeconomico e con i vincoli di bilancio dello Stato, servirebbe a:

  • Colmare il gap di potere d’acquisto creatosi negli ultimi dieci anni
  • Ripristinare l’adeguatezza degli assegni rispetto al reale costo della vita
  • Restituire dignità economica a milioni di pensionati.

Calcoli ed esempi: aumento delle pensioni con un tasso al 15%

L’applicazione di una rivalutazione del 15% avrebbe effetti significativamente superiori sugli assegni, capaci di ripristinare il valore reale:
Importo pensione 2025 Nuovo importo 2026 (15%) Aumento mensile Aumento annuo
1.200 euro 1.380 euro +180 euro +2.160 euro
1.400 euro 1.610 euro +210 euro +2.520 euro
2.000 euro 2.300 euro +300 euro +3.600 euro

Con tali dati è evidente come l’incremento ipotetico si discosti nettamente da quello effettivamente previsto con il tasso dell’1,4%. L’adozione di un simile tasso, benché difficilmente realizzabile, avrebbe un impatto diretto e tangibile sulla qualità della vita dei pensionati.