Dopo il boom dell’AI, i grandi investitori iniziano a vendere: motivazioni, impatto sul mercato e rischio bolla vengono analizzati, confrontando le previsioni di settore con i risultati di Nvidia e le sue strategie future.
Negli ultimi anni il mercato azionario americano ha vissuto una delle fasi di accelerazione più intense dell’era moderna, spinto dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale e dal ruolo di aziende come Nvidia. Dal novembre 2022, con il lancio dei più avanzati modelli di AI e la crescita esponenziale della domanda di chip specializzati, il titolo Nvidia ha performato oltre il 1.000%, arrivando a una capitalizzazione che ha sfiorato i 5.000 miliardi di dollari a ottobre 2025. Questo scenario di continua espansione ha attratto capitali senza precedenti dai maggiori fondi, facendo di Nvidia il nuovo barometro della tecnologia mondiale. Tuttavia, dopo un rally così estremo, negli ultimi mesi si è assistito ad alcune operazioni di vendita da parte di investitori di riferimento: un segnale che apre il dibattito sul rischio di sopravvalutazione e sulla maturità attuale delle valutazioni legate all’AI. Le motivazioni dietro queste scelte sono molteplici e meritano una riflessione attenta, per interpretare le prossime mosse di mercato e comprendere il delicato equilibrio tra aspettative e risultati concreti.
Molti protagonisti della Silicon Valley e della finanza globale hanno di recente lasciato posizioni importanti nel colosso californiano. L’uscita più discussa è quella di Peter Thiel, imprenditore visionario e investitore di successo, noto per aver fondato PayPal, essere stato fra i primi finanziatori di Facebook e leader della società Palantir. Il suo hedge fund, Thiel Macro, ha liquidato oltre 537.000 azioni Nvidia per un valore di circa 100 milioni di dollari, movimento reso noto tramite documenti depositati alla SEC. Questa operazione rappresentava il 40% del portafoglio e segna un cambio radicale di strategia: Thiel aveva parlato pochi mesi fa di Nvidia come dominatore assoluto dell’AI, pur sottolineando quanto la concentrazione dei profitti in poche mani fosse anomala e potenzialmente rischiosa.
All’azione di Thiel si è aggiunta la scelta di SoftBank Group, compagnia guidata da Masayoshi Son, da sempre associata al futuro dell’AI. SoftBank ha venduto quasi 6 miliardi di dollari di asset Nvidia, dichiarando che il capitale sarà reinvestito nell’ecosistema OpenAI per rafforzare ancor di più l’esposizione tecnologica e innovativa. Non è la prima volta che Son opera uscite di questo tipo: già nel 2019 il gruppo aveva monetizzato una precedente posizione in Nvidia prima di nuovi rialzi, dimostrando attenzione ai cicli economici e alle valutazioni di mercato.
Strategie di portafoglio e timori verso il futuro: non vanno trascurate però le motivazioni più tecniche, legate alla gestione del rischio e al ribilanciamento di portafoglio, visto l’aumento di volatilità e le elevate quotazioni raggiunte dalle big tech. Michael Burry, noto per la previsione della crisi subprime, ha espresso preoccupazioni sulla sostenibilità delle valutazioni e sulle pratiche contabili che rischiano di gonfiare in eccesso i risultati del settore AI. Fidelity, JP Morgan e altri importanti fondi hanno inoltre operato prese di profitto, segnalando una fase di cautela generalizzata dopo la straordinaria crescita delle azioni. Alcuni analisti attribuiscono la vendita degli asset ai seguenti motivi principali:
Le vendite dei grandi investitori hanno innescato una serie di reazioni immediate sul prezzo azionario. Nel giorno in cui sono stati resi noti i dati, la flessione ha raggiunto un -3% a Wall Street, con una correzione complessiva di oltre il 10% rispetto ai massimi storici. Questo dato fotografa come la semplice notizia di una liquidazione, pur non essendo legata a peggioramenti strutturali nei risultati, possa alimentare un clima di nervosismo diffuso fra gli operatori di mercato. La reputazione e la visibilità degli investitori coinvolti hanno giocato un ruolo chiave nella formazione del sentiment: una decisione presa da profili come Thiel o Son, con track record confermati, viene osservata e spesso seguita da altri player.
Il fenomeno ha intensificato la volatilità sull’intero comparto tecnologico, avviando rotazioni nei portafogli degli investitori istituzionali e spostando l’interesse verso società considerate più difensive. Nonostante ciò, la domanda per le infrastrutture AI rimane sostenuta dalle necessità di ricerca, gaming, cloud e automotive, e analisti come quelli di IG Italia e Citigroup hanno sottolineato come la forza strutturale degli ordini resti intatta, con previsioni di ricavi ancora in crescita per i prossimi trimestri.
L’effetto principale di queste mosse resta però a livello psicologico e di propensione al rischio. Si assiste spesso a vendite tecniche (“sell on news”) che non intaccano i fondamentali, ma impongono un ritorno verso valutazioni più attente e selettive, soprattutto dopo periodi di straordinarie performance azionarie. Da notare come queste movimenti abbiano coinvolto, oltre a Nvidia, anche altri titoli delle cosiddette “Magnificent Seven”, delineando una tendenza più ampia di ribilanciamento nei portafogli globali.
Le valutazioni raggiunte da Nvidia negli ultimi mesi hanno inevitabilmente alimentato il dibattito su un potenziale scenario di bolla tecnologica nel comparto AI. Oggi il gruppo si scambia mediamente a circa 30 volte gli utili attesi, una quotazione superiore anche ad altri protagonisti tech come Microsoft e Alphabet. Molti osservatori sottolineano che, pur in presenza di fondamentali solidi, il prezzo già incorpora gran parte delle aspettative di crescita future, spostando l’equilibrio fra opportunità e rischi verso una maggiore selettività degli investitori.
I timori di bolla sono legati a diversi fattori:
Geopolitica e concentrazione clientelare pesano sulle aspettative: l’interruzione delle vendite verso la Cina ha inciso sui ricavi per oltre 10 miliardi su base annua e la stessa diversificazione, pur promettente (robotica, automotive, sovranità AI), ha mostrato tempistiche più lunghe per assumere peso rilevante nel mix aziendale. L’elemento più delicato resta la percezione del mercato: ogni piccolo scostamento dagli obiettivi diventa spunto per rialzi o ribassi improvvisi, riflettendo un’instabilità dinamica che solo risultati concreti e diversificazione effettiva potranno placare.
Le aspettative sugli ultimi risultati trimestrali sono particolarmente elevate e rappresentano un vero e proprio test di fiducia per tutto il comparto legato all’AI. Secondo le stime raccolte da Lseg e Bloomberg, il consenso prevede ricavi per circa 55 miliardi di dollari (+55% su base annua) e un utile per azione rettificato attorno a 1,26 dollari (+54%). Il dato maggiormente osservato dagli analisti resta quello relativo ai data center, segmento che da solo contribuisce a quasi il 90% del fatturato attuale: qui si attende un nuovo balzo a 49,5 miliardi di dollari, sostenuto sia da hyperscaler (Microsoft, Amazon, Meta) sia da nuovi operatori.
| Ricavi Q3 attesi | 55,0 miliardi $ |
| EPS (utile azione) atteso | 1,26 $ |
| % di crescita YoY | +55% |
| Quota data center su totale | ~90% |
Oltre ai numeri, l’attenzione si concentra sulla guidance per il prossimo trimestre e sulle possibili conferme relative agli ordini pluriennali (ipotizzati oltre 500 miliardi tra prenotazioni, accordi formali e impegni futuri). Il mercato osserva non solo la capacità di superare il consenso, ma la struttura della domanda: si premiano la diversificazione dei clienti, l’ampliamento dei casi d’uso industriali (sanità, manifattura, servizi), e la sostenibilità dei margini in uno scenario competitivo più complesso.
Sul fronte partnership, il gruppo si è assicurato collaborazioni di rilievo con OpenAI, AMD e Intel. In particolare, l’accordo di investimento con OpenAI prevede sino a 10 miliardi in azioni e l’acquisto di 4-5 milioni di GPU in più anni. Tali iniziative migliorano la visibilità sul business nel medio termine, ma sollevano anche la questione della domanda circolare e del ruolo degli investimenti incrociati nel sostenere le attuali valutazioni. Gli investitori monitorano ora con attenzione anche la qualità e “la concretezza” della domanda, oltre che la semplice ampiezza degli ordini.
Il percorso di crescita della società è sostenuto da una gestione del capitale ritenuta esemplare. Negli ultimi dodici mesi, il free cash flow ha raggiunto 72 miliardi di dollari, dando nuova linfa ad acquisizioni strategiche in segmenti complementari. La direttrice finanziaria Colette Kress ha evidenziato come parte di queste risorse sia stata destinata a investimenti in aziende emergenti, sia specializzate in AI (Run:ai, OctoAI, Deci) sia a startup operative in settori affini come l’infrastruttura cloud.
Nel 2025, Nvidia ha rafforzato l’alleanza con CoreWeave, protagonista nei servizi cloud di nuova generazione, e siglato partnership pubbliche e private tra cui un’intesa con Nokia (1 miliardo di dollari) per portare tecnologie avanzate tanto nel segmento enterprise quanto in quello consumer. L’azienda ha inoltre ricercato sinergie di lungo periodo con Intel per integrare soluzioni CPU innovative alla propria offerta. L’obiettivo resta quello di mantenere la leadership tecnologica e ampliare orizzonti di crescita – anche facendo leva su una liquidità corrente senza eguali nel settore dei semiconduttori.
L’attenzione degli investitori ricade sulla capacità di selezionare target di acquisizione che possano aggiungere valore reale e sostenibile rispetto alla semplice espansione di bilancio. In questa ottica, il gruppo si muove tra consolidamento delle posizioni core (GPU, data center) e acquisizioni mirate a facilitare la penetrazione nei mercati verticali più promettenti, limitando l’esposizione verso scenari ad alta volatilità.
Il percorso di Nvidia rappresenta emblematicamente il paradosso del successo: quando l’eccellenza diventa “normale”, ogni segnale di rallentamento viene letto come rischio eccessivo. L’attuale fase di consolidamento, con la fisiologica uscita di grandi investitori e la normalizzazione del sentiment, non va letta come un’inversione strutturale, ma piuttosto come una dinamica tipica delle aziende leader in periodi di passaggio dalla crescita diffusa all’affinamento qualitativo del business.
Per gli operatori istituzionali, la volatilità rimane elevata ma il quadro dei fondamentali risulta solido, grazie alla domanda diffusa di infrastrutture AI, all’ampliamento delle aree di applicazione e a una pipeline di innovazione ancora estremamente robusta. La sfida sarà tradurre il ritmo senza precedenti degli investimenti tecnologici in margini sostenibili e in una maggiore diversificazione del portafoglio clienti, riducendo la dipendenza dagli hyperscaler e dalle tendenze speculative di breve periodo.
Il settore si avvia verso una fase dove la selettività conterà più della narrativa: ogni correzione, ogni rotazione di portfolio non fa che aumentare il grado di scrutinio sui numeri, sulle guidance e sulla qualità vera della domanda. In questo scenario, le opportunità di lungo termine restano rilevanti, a patto di saper leggere le dinamiche di mercato con freddezza e competenza, senza lasciarsi influenzare dai movimenti emotivi di breve respiro.