La riforma delle pensioni 2026 potrebbe partire da modifiche e revisioni per i fondi pensione per spingere sempre più verso la previdenza complementare
Cosa potrebbe realmente cambiare dal 2026 per i fondi pensione e la previdenza integrativa? Di riforma delle pensioni si parla ormai da anni, senza però arrivare mai ad un effettivo e concreto cambiamento per la revisione dei requisiti per l’uscita, fissati (al momento) a 67 anni di età e con almeno 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia e a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne, indipendentemente dal requisito anagrafico, per la pensione anticipata ordinaria. Ma cosa si prospetta ora?
Ogni anno, negli ultimi anni, le Manovre finanziarie che avrebbero dovuto contenere grandi modifiche per le pensioni, si sono sempre concluse con un nulla di fatto.
Si sono susseguite solo soluzioni cosiddette tampone per permettere a determinate categorie di persone e lavoratori di anticipare il momento della pensione, dalla quota 100, alla 102, alla 103, all’opzione donna, all’ape sociale, nel tempo prorogate ma sempre sperimentali, non rese strutturali.
Si potrebbe, dunque, pensare a novità reali per il prossimo anno anche se, rivedere i requisiti per modificare l’attuale legge pensionistica Fornero, sembra poco verosimile, considerando che anche l’Ue ha più volte ribadito la sua contrarietà a tale intervento, spiegando che è l’unica riforma in grado di garantire sostenibilità finanziaria al Paese.
Qualcosa, invece si potrebbe fare per la previdenza integrativa: la riforma delle pensioni inizierebbe così da novità per i fondi pensione.
Stando a quanto riportano le ultime notizie, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, avrebbe annunciato l’intenzione di rilanciare i fondi pensione per l’attuazione di una vera e propria riforma della previdenza integrativa.
L’obiettivo è educare i lavoratori al risparmio individuale per incrementare la loro pensione finale, integrando l’assegno pensionistico che riceveranno con la previdenza obbligatoria e che, secondo le stime attuali, sarà sempre più basso e non per tutti adeguato per garantire una vita dignitosa.
Punto di partenza della riforma potrebbe essere l’abbandono per i fondi pensione delle linee garantite, in cui confluiscono, dal 2007, i lavoratori silenti che non scelgono esplicitamente dove destinare il proprio Tfr. L’opzione delle linee garantite non si è, però, rivelata soddisfacente.
A sostituirle, soprattutto per i lavoratori più giovani, potrebbero esserci le linee di investimento di tipo life-cycle: queste impiegano una quota maggioritaria di investimento in azioni e adattano la strategia di investimento alla fase di vita dell’investitore, riducendo gradualmente il rischio all’avvicinarsi della pensione.
L’operazione, secondo il ministro Giorgetti, non dovrebbe comportare particolare costi per lo Stato.
Al momento non resta, dunque, che attendere per capire come evolveranno le prossime discussioni in merito e se davvero si inizierà a fare qualcosa di concreto per modificare la previdenza, cercando di sostenere sempre più i lavoratori nei loro percorsi verso la pensione finale in un quadro generale che non si preannuncia affatto roseo e rassicurante.