Il risarcimento da stress sul lavoro evolve nella giurisprudenza: non serve più il mobbing, ma basta provare singoli atti lesivi. Analisi dei doveri del datore, casi concreti e tutela dei diritti fondamentali.
L'evoluzione del diritto del lavoro ha registrato una svolta in merito alla responsabilità datoriale conseguente ai danni psico-fisici derivanti da ambienti lavorativi stressanti e alla quanto viene pagato. Non è più necessario dimostrare comportamenti di mobbing organizzati o reiterati: la giurisprudenza della Suprema Corte ha reso possibile il riconoscimento di un risarcimento anche quando il danno sia frutto di singoli episodi, o del mantenersi di un ambiente insalubre sotto il profilo relazionale e gestionale.
La protezione della salute dei lavoratori si estende a ogni forma di squilibrio dannoso causato dall'organizzazione aziendale, sottolineando un principio chiave: il dovere di prevenzione e protezione non può essere eluso da mere formalità. Questa prospettiva, alla luce delle nuove interpretazioni dell'articolo 2087 del codice civile, ridisegna l'equilibrio tra poteri datoriali e diritto alla dignità del lavoratore.
Gli ultimi interventi giuridici evidenziano una ridefinizione della soglia minima per ottenere tutela e risarcimento in caso di danni da stress sul lavoro. Tradizionalmente, la nozione di mobbing presupponeva la sistematicità e l'intenzionalità di comportamenti vessatori. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha spostato il focus dal dolo alla disfunzione organizzativa: è sufficiente il mantenersi di un clima lavorativo stressogeno o la reiterazione di atti colposi, anche non esplicitamente intenzionali, per far scattare la responsabilità datoriale. Il nuovo indirizzo giurisprudenziale afferma che anche condotte solo apparentemente legittime, collocate in un contesto ambientale stressante, configurano responsabilità in capo all'azienda qualora siano fonte di disagio psico-fisico documentabile.
La tutela si attiva indipendentemente dalla qualificazione come mobbing o straining, riconoscendo la rilevanza giuridica a ogni elemento che contribuisca a un clima insalubre, anche privo di intenti persecutori. Questa impostazione rafforza la posizione protetta del lavoratore e impone all'impresa l'obbligo di adottare tutte le cautele necessarie a garantire benessere organizzativo e sicurezza psichica.
La nozione di straining amplia la sfera di responsabilità del datore. Si tratta di una forma attenuata di vessazione, caratterizzata dall'assenza della sistematicità ma con effetti duraturi sul benessere personale e professionale. La Cassazione riconosce che anche un singolo atto irrispettoso, se produttivo di conseguenze rilevanti sulla salute, giustifica il diritto al risarcimento a prescindere dalla configurazione del mobbing.
Un tema centrale nei risarcimenti da stress lavoro-correlato è la ripartizione dell'onere probatorio. La Corte di Cassazione ha introdotto il principio di inversione della prova, snellendo notevolmente il percorso giuridico dei lavoratori danneggiati. Questa logica si basa su un duplice passaggio:
Come precisato dalle Sezioni Lavoro:
Numerosi episodi giurisprudenziali illustrano l'applicazione pratica di questi principi. La casistica affrontata dalla Corte di Cassazione mostra come siano tutelati sia il danno fisico che quello morale connessi allo stress lavoro-correlato:
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Sentenza |
Fatto e decisione |
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Ordinanza n. 26923/2025 |
Un medico ospedaliero, deceduto per infarto dopo anni di turni massacranti. Gli eredi dimostrano il collegamento tra condizioni lavorative e decesso. La Corte riconosce il diritto al risarcimento, spostando l'onere della prova sull'azienda, in virtù del mancato adempimento dell'obbligo di prevenzione ai sensi dell'art. 2087 c.c. |
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Sentenza n. 25191/2023 |
Un autista di autobus, vittima di infarto dopo anni di turni pesanti e carichi di lavoro insostenibili. Viene riconosciuto il danno morale oltre a quello biologico, considerata la sofferenza interiore subita dalla persona. |
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Sentenza n. 22161/2024 |
Una lavoratrice lasciata per anni in inattività forzata e senza compiti. La Corte riconosce la correlazione tra l'ambiente di isolamento occupazionale e l'insorgere di patologie ansioso-depressive, stabilendo un risarcimento al di là dell'intento persecutorio. |
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Sentenza n. 123/2025 |
Un'avvocatessa denuncia singoli atti pretestuosi e stressogeni da parte del direttore. La Cassazione riconosce la responsabilità datoriale anche in assenza di pluralità di azioni vessatorie. |
La giurisprudenza conferma inoltre il diritto all'indennizzo INAIL in presenza di patologie correlate allo stress, nei limiti previsti dal Testo Unico delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Il riconoscimento del danno morale rappresenta un ampliamento della sfera di tutela accanto al danno biologico. La Suprema Corte ha ribadito che la sofferenza interiore deve essere risarcita autonomamente, in quanto il danno alla salute non è solo fisico, ma coinvolge anche la dimensione emotiva e relazionale dell'essere umano.
Tra le componenti risarcibili rientrano: