La soglia oraria minima di nove euro per i lavoratori impegnati negli appalti pubblici in Puglia costituisce un passo significativo nel panorama italiano. Mentre il dibattito sul tema rimane acceso a livello nazionale, questa innovazione normativa regionale segna un precedente, suscitando un ampio interesse sia tra gli addetti ai lavori che nell'opinione pubblica. Analizzare la genesi della normativa, il suo contenuto e le ricadute pratiche è oggi indispensabile per comprendere come la tematica della giusta retribuzione stia evolvendo nei territori italiani e quali nuovi scenari giuridici e sociali si aprano.
La nascita del salario minimo in Puglia e il percorso legislativo
Alla base dell'intervento della regione pugliese - in un contesto in cui resta valida la direttiva europea - si trova la consapevolezza, maturata all'interno del Consiglio regionale, delle difficili condizioni salariali di molti lavoratori inseriti negli appalti pubblici, tra cui portieri, addetti alle pulizie e guardiania. Le basse retribuzioni sono emerse attraverso testimonianze dirette raccolte da esponenti politici locali, spingendo il Consiglio ad avviare un percorso legislativo articolato:
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Nel maggio 2022 Donato Metallo, consigliere regionale del Partito Democratico, raccolse segnalazioni sulle difficoltà economiche dei dipendenti impiegati in mansioni esternalizzate dalla stessa istituzione regionale.
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Nel corso del 2024, Antonio Tutolo, capogruppo di Per la Puglia, presentò una proposta di legge con l'obiettivo di garantire una soglia retributiva minima negli appalti pubblici.
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Dopo un confronto segnato da divisioni e dubbi interni, la legge fu finalmente approvata all'unanimità il 5 novembre 2024.
L'iniziativa nacque come risposta al fenomeno dei cosiddetti lavoratori poveri, ossia persone regolarmente occupate ma comunque soggette a condizioni economiche di disagio a causa di bassi salari. Proprio la presenza di casi limite all'interno degli stessi edifici regionali originò un moto d'indignazione che portò rapidamente all'adozione della normativa. Tuttavia, nonostante l'approvazione unanime del Consiglio, l'applicazione concreta restò sospesa per mesi, in attesa del giudizio della Corte Costituzionale sollecitato da un ricorso governativo.
Il contenuto della legge regionale pugliese: chi riguarda e come
Il testo della normativa pugliese sul salario minimo prevede che in tutti gli appalti e concessioni affidati dalla Regione o dai suoi enti collegati, il trattamento economico dei dipendenti non possa scendere al di sotto dei 9 euro lordi orari. Si tratta di una misura con ambito di applicazione limitato e specifico, che interessa solo:
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i contratti pubblici stipulati dalla Regione,
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le aziende sanitarie locali e ospedaliere,
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le società partecipate (come le Sanitaservice),
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le agenzie regionali e gli altri enti strumentali connessi all'amministrazione regionale.
La legge stabilisce che
i CCNL applicati negli appalti selezionati debbano garantire la retribuzione minima prevista. Di conseguenza, un'impresa che intenda aggiudicarsi una commessa regionale deve dimostrare, come requisito di partecipazione, che i propri dipendenti percepiranno almeno la soglia fissata.
Qualora il contratto collettivo che l'impresa adotta preveda salari inferiori, il datore di lavoro sarà tenuto a colmare la differenza, eventualmente ricorrendo al cosiddetto superminimo per il personale assegnato alla commessa pubblica. Questa prescrizione determina una disparità retributiva tra lavoratori coinvolti negli appalti pubblici regionali e colleghi della stessa azienda impiegati su commesse private, ma rappresenta anche un incentivo ad adeguare le condizioni salariali verso l'alto almeno per chi opera con fondi pubblici.
La responsabilità della verifica del rispetto della legge ricade sugli enti pubblici appaltanti, i quali devono includere nel bando la soglia retributiva e sorvegliare sulla corretta applicazione. Questa struttura normativa non introduce una disciplina generale del salario minimo legale, ma solo un vincolo specifico per il settore degli appalti della pubblica amministrazione regionale.
Il ricorso del Governo e la decisione della Corte Costituzionale
Subito dopo l'approvazione della normativa pugliese, il Governo nazionale ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale. Al centro della contestazione alcune questioni di principio:
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Il presunto sconfinamento delle competenze regionali rispetto a quelle statali in materia di rapporti di lavoro e contrattazione collettiva, tradizionalmente riservate allo Stato.
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La possibile lesione del principio di autonomia negoziale tra datori di lavoro e sindacati, ribadito dalla Costituzione e dai CCNL.
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Il rischio di alterare la concorrenza tra operatori economici nei pubblici appalti.
Secondo il Governo, la norma pugliese avrebbe dovuto essere rimessa all'esclusiva potestà del Parlamento nazionale, oltre a minare la contrattazione collettiva.
Il pronunciamento della Consulta, avvenuto con la sentenza n. 188 del 16 dicembre 2025, ha però dichiarato inammissibile il ricorso, sottolineando la specificità della legge: essa non introduce un salario minimo generalizzato, ma si limita a regolare i requisiti economici negli appalti regionali.
La Corte ha osservato che il ricorso dello Stato si fondava su una valutazione errata dell'estensione della norma, e non prendeva correttamente in esame la ratio e l'ambito circoscritto della disposizione. Non essendo coinvolti beni protetti da specifici precetti costituzionali inerenti alla disciplina unitaria del lavoro privato, la legge pugliese non invadeva la competenza statale.
Impatto e conseguenze della legge sul lavoro negli appalti pubblici
L'approvazione della legge ha conseguenze dirette per il settore degli appalti regionali, soprattutto per i segmenti a bassa retribuzione (pulizie, portierato, ristorazione collettiva, vigilanza privata e servizi di logistica). Qui, i minimi tabellari per alcune professioni risultavano spesso inferiori alla nuova soglia imposta, rendendo necessario un riallineamento verso l'alto dei salari per poter partecipare alle gare bandite dalla Regione o dalle sue diramazioni.
Gli effetti che ne derivano sono molteplici:
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Le imprese sono ora costrette a competere sui fattori di qualità e innovazione nei servizi, e non più esclusivamente sul ribasso salariale.
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Si introduce una tutela minima per i lavoratori pubblici impiegati in appalti dove precedentemente si registravano condizioni di lavoro ai limiti del disagio economico.
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Il provvedimento potrebbe spingere altre Regioni o enti locali ad adottare modelli analoghi, alimentando un dibattito dal basso sulla definizione di retribuzioni dignitose anche in assenza di una legge nazionale sulla materia.
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Sul piano operativo, nascono asimmetrie tra lavoratori della stessa impresa impiegati su commesse pubbliche pugliesi e altri dipendenti, in particolare in presenza di CCNL che fissano minimi inferiori.
Permane un certo grado di incertezza giuridica:
la Corte Costituzionale non si è pronunciata sulla legittimità sostanziale della soglia ma solo sui limiti formali della disposizione. È quindi possibile che l'impianto sia oggetto di futuri ricorsi amministrativi da parte di imprese escluse dalle gare. Per il momento, però, la normativa regionale imprime una spinta decisa verso l'aumento delle tutele per chi lavora con fondi pubblici.
Altri esempi di salario minimo in Italia: città e regioni a confronto
Mentre l'iniziativa pugliese appare come un unicum su scala regionale, diversi comuni italiani hanno già introdotto criteri simili per gli appalti di loro competenza. Ecco alcuni degli esempi:
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Firenze: dal 2023 gli operatori aggiudicatari devono garantire un minimo di nove euro all'ora per il personale impiegato in appalti comunali.
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Napoli e Bacoli: anche qui sono state imposte soglie retributive nei contratti con i lavoratori di aziende concessionarie, come i bagnini degli stabilimenti balneari.
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Genova: nell'estate 2025 la sindaca Salis ha esteso la soglia dei 9 euro per tutti i lavoratori delle imprese appaltatrici, con applicazione immediata agli appalti e subappalti pubblici.
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Milano e Livorno: sono stati adottati strumenti amministrativi per l'introduzione della retribuzione minima negli appalti, sebbene l'impianto normativo sia più frazionato rispetto a quanto accaduto in Puglia.
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Toscana: il Consiglio regionale ha seguito la strada pugliese introducendo una legge praticamente identica, anch'essa impugnata dal Governo ma ancora in attesa di giudizio costituzionale.
La Puglia si distingue dunque per essere la prima Regione italiana dove una soglia retributiva minima negli appalti pubblici ha superato tutte le obiezioni ed è operativa. Queste iniziative, anche quando formalmente non istituiscono un salario minimo generalizzato, rappresentano tentativi di arginare il fenomeno del lavoro povero nei settori finanziati dalla spesa pubblica.
Critiche, prospettive e discussione nazionale sul salario minimo
L'adozione della misura in Puglia non ha mancato di suscitare dibattito e critiche da parte di rappresentanti politici, sindacati e associazioni imprenditoriali. Tra i principali temi messi in luce nello scontro pubblico:
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Il rischio che le iniziative regionali creino disomogeneità sul territorio nazionale, con lavoratori tutelati o meno a seconda dell'area geografica.
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L'accusa al Governo nazionale di immobilismo, dopo il blocco parlamentare della legge sul salario minimo e la resistenza a un intervento legislativo generale.
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La preoccupazione delle imprese sui limiti alla libera concorrenza, in particolare per le società che applicano CCNL con trattamenti base inferiori alla nuova soglia.
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L'auspicio di sindacati e opposizioni che questa giurisprudenza spinga verso l'approvazione di una disciplina nazionale, più uniforme e strutturata.
Il dibattito si è acceso
dopo la sentenza della Consulta. Esponenti della maggioranza e dell'opposizione si sono confrontati sugli effetti politici, sulle implicazioni costituzionali e sulle ricadute sociali. Sindacati e associazioni di categoria hanno sottolineato la
necessità di estendere i meccanismi di tutela contro la povertà lavorativa, mentre alcuni giuslavoristi mettono in guardia sulle possibili criticità procedurali e sui contenziosi che potrebbero sorgere.