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Scatto d'ira, litigi e insulti con colleghi e datori di lavoro, quando lavoratore non punibile per Cassazione (sentenza n.17548)

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Quali sono i casi in cui un lavoratore per scatti d'ira e litigi con i colleghi non punibile e licenziabile: cosa hanno stabilito i giudici della Cassazione

Le dinamiche relazionali nell’ambiente di lavoro ricoprono un’importanza rilevante nella gestione delle risorse umane. Discussioni, insulti e litigi, soprattutto se legati a tensioni personali o relazioni sentimentali terminate, possono diventare terreno fertile per conflitti e provvedimenti disciplinari. 

La recente sentenza n.17548 del 30 giugno 2025 della Corte di Cassazione rappresenta un punto di svolta nel chiarimento dei limiti e delle tutele dei lavoratori rispetto a episodi di scatti d’ira, insulti e liti. 

La nuova sentenza della Cassazione n.17548/2025: presupposti e principi giuridici

Il caso recentemente all’attenzione della Suprema Corte ha riguardato il licenziamento di un lavoratore che aveva rivolto insulti a una collega, sua ex compagna, nella sede di lavoro. La società ha disposto il licenziamento ritenendo che la condotta avesse irrimediabilmente compromesso la fiducia necessaria al prosieguo del rapporto di lavoro. 

Dopo una lunga sequenza di gradi di giudizio, la Cassazione ha evidenziato che gli insulti, in sé, non sono automaticamente causa di risoluzione del rapporto se non vi è una compromissione sostanziale e dimostrabile del rapporto fiduciario con il datore.

Il giudice deve valutare la concreta gravità dell’episodio e il contesto specifico, dove il principio di proporzionalità tra fatto contestato e sanzione disciplinare diventa centrale nel giudizio.

Solo se il comportamento pregiudica irreparabilmente l’affidamento reciproco e la continuazione del rapporto di lavoro, allora si può procedere con il licenziamento per giusta causa.

Analisi delle motivazioni: proporzionalità delle sanzioni disciplinari e mantenimento del rapporto fiduciario

Nel testo della sentenza, i giudici sottolineano che la proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione è uno degli elementi cardine per la valutazione della sussistenza di motivi legittimi di licenziamento.

Il contratto collettivo spesso è dotato di clausole elastiche, che lasciano al magistrato un margine interpretativo nella qualificazione giuridica della condotta. La Cassazione ha chiarito che:

  • Il comportamento verbalmente offensivo può essere valutato come disciplinarmente rilevante, senza automatica impossibilità della prosecuzione del servizio;
  • La recidiva, le aggravanti e il contesto (ad esempio l’assenza di danno all’immagine aziendale o circostanze eccezionali) incidono sulla configurabilità della giusta causa;
  • Il mantenimento del rapporto fiduciario è il presupposto per determinare la legittimità delle decisioni datoriali più gravi.
Nel caso specifico analizzato dalla Suprema Corte, è stato escluso che la lite e le offese abbiano determinato una rottura definitiva del rapporto fiduciario. Il dipendente è stato ritenuto responsabile di una condotta sanzionabile, ma non è stata ravvisata una gravità tale da giustificare il provvedimento espulsivo, anche in assenza di provvedimenti penali o diffuso discredito.

La giurisprudenza offre diversi precedenti che ribadiscono la necessità di una valutazione rigorosa, che non si limiti alla tipicità dell’offesa ma consideri soprattutto la portata degli effetti sull’ambiente lavorativo e sugli interessi aziendali.

Altri casi rilevanti nella giurisprudenza: risse, liti e relazioni in ufficio

Le pronunce degli ultimi anni hanno chiarito ulteriormente l’ambito di applicazione delle sanzioni disciplinari in presenza di liti o azioni violente:

Tipo di condotta Esito giudiziale Riferimento normativo
Lite verbale senza violenza fisica Sanzione conservativa (sospensione/multa) art. 18 L. 300/1970
Lite con violenza fisica Licenziamento possibile, previa verifica della responsabilità Sentenza Cass. n. 8710/2017
Rissa esterna all’azienda Licenziamento illegittimo se manca correlazione spazio-temporale con l’attività lavorativa Sentenza Cass. n. 297/2018
Relazione sentimentale tra colleghi e insulti successivi Valutazione caso per caso, con attenzione al danno d’immagine ed al mantenimento della serenità aziendale Sentenza Tribunale Lavoro di Roma 03/2023

Scatti d'ira, insulti e litigi tra colleghi: inquadramento normativo e ruolo del CCNL

Nel contesto italiano, la disciplina relativa a diverbi e comportamenti inadeguati tra colleghi è demandata innanzitutto ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che specificano le diverse sanzioni disciplinari applicabili a seconda della gravità delle condotte. Questi documenti, integrati dai regolamenti aziendali, possono prevedere:

  • Sanzioni conservative: sospensione, ammonizione, multe o trasferimenti in caso di comportamenti verbalmente offensivi non seguiti da aggressioni fisiche.
  • Licenziamento con o senza preavviso: riservato a circostanze di particolare gravità, come aggressioni fisiche o gesti che arrechino grave nocumento all’azienda, sia in termini morali che materiali.
Secondo la normativa, solo i comportamenti tali da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro con il datore possono giustificare il licenziamento per giusta causa.

Dunque, in assenza di recidiva o aggravanti, l’offesa verbale o lo scatto d’ira isolato restano generalmente nell’alveo delle sanzioni meno gravi, soprattutto se il contesto prova condizioni di stress o rapporti precedenti tra i soggetti coinvolti.

 

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