Quali sono i casi in cui un lavoratore per scatti d'ira e litigi con i colleghi non punibile e licenziabile: cosa hanno stabilito i giudici della Cassazione
Le dinamiche relazionali nell’ambiente di lavoro ricoprono un’importanza rilevante nella gestione delle risorse umane. Discussioni, insulti e litigi, soprattutto se legati a tensioni personali o relazioni sentimentali terminate, possono diventare terreno fertile per conflitti e provvedimenti disciplinari.
La recente sentenza n.17548 del 30 giugno 2025 della Corte di Cassazione rappresenta un punto di svolta nel chiarimento dei limiti e delle tutele dei lavoratori rispetto a episodi di scatti d’ira, insulti e liti.
Il caso recentemente all’attenzione della Suprema Corte ha riguardato il licenziamento di un lavoratore che aveva rivolto insulti a una collega, sua ex compagna, nella sede di lavoro. La società ha disposto il licenziamento ritenendo che la condotta avesse irrimediabilmente compromesso la fiducia necessaria al prosieguo del rapporto di lavoro.
Dopo una lunga sequenza di gradi di giudizio, la Cassazione ha evidenziato che gli insulti, in sé, non sono automaticamente causa di risoluzione del rapporto se non vi è una compromissione sostanziale e dimostrabile del rapporto fiduciario con il datore.
Il giudice deve valutare la concreta gravità dell’episodio e il contesto specifico, dove il principio di proporzionalità tra fatto contestato e sanzione disciplinare diventa centrale nel giudizio.
Solo se il comportamento pregiudica irreparabilmente l’affidamento reciproco e la continuazione del rapporto di lavoro, allora si può procedere con il licenziamento per giusta causa.
Nel testo della sentenza, i giudici sottolineano che la proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione è uno degli elementi cardine per la valutazione della sussistenza di motivi legittimi di licenziamento.
Il contratto collettivo spesso è dotato di clausole elastiche, che lasciano al magistrato un margine interpretativo nella qualificazione giuridica della condotta. La Cassazione ha chiarito che:
La giurisprudenza offre diversi precedenti che ribadiscono la necessità di una valutazione rigorosa, che non si limiti alla tipicità dell’offesa ma consideri soprattutto la portata degli effetti sull’ambiente lavorativo e sugli interessi aziendali.
Le pronunce degli ultimi anni hanno chiarito ulteriormente l’ambito di applicazione delle sanzioni disciplinari in presenza di liti o azioni violente:
Tipo di condotta | Esito giudiziale | Riferimento normativo |
Lite verbale senza violenza fisica | Sanzione conservativa (sospensione/multa) | art. 18 L. 300/1970 |
Lite con violenza fisica | Licenziamento possibile, previa verifica della responsabilità | Sentenza Cass. n. 8710/2017 |
Rissa esterna all’azienda | Licenziamento illegittimo se manca correlazione spazio-temporale con l’attività lavorativa | Sentenza Cass. n. 297/2018 |
Relazione sentimentale tra colleghi e insulti successivi | Valutazione caso per caso, con attenzione al danno d’immagine ed al mantenimento della serenità aziendale | Sentenza Tribunale Lavoro di Roma 03/2023 |
Nel contesto italiano, la disciplina relativa a diverbi e comportamenti inadeguati tra colleghi è demandata innanzitutto ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che specificano le diverse sanzioni disciplinari applicabili a seconda della gravità delle condotte. Questi documenti, integrati dai regolamenti aziendali, possono prevedere:
Dunque, in assenza di recidiva o aggravanti, l’offesa verbale o lo scatto d’ira isolato restano generalmente nell’alveo delle sanzioni meno gravi, soprattutto se il contesto prova condizioni di stress o rapporti precedenti tra i soggetti coinvolti.