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Taglio Irpef e tasse 2026: per quali fasce di reddito cambiano aliquote. E c'è ancora il rischio del fiscal Drag?

di Marianna Quatraro pubblicato il
Taglio Irpef tasse 2026

E' stata approvata la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% del 33% nella nuova Manovra Finanziaria 2026: quanto si guadagnerà effettivamente di più

Da gennaio 2026 prende avvio una nuova fase della fiscalità italiana, con la riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) prevista dalla manovra finanziaria. Il governo interviene a vantaggio del cosiddetto ceto medio.

La misura risponde all'esigenza di sostenere il potere d'acquisto in un contesto economico ancora segnato da inflazione e rallentamento della crescita, integrando i precedenti tagli al cuneo contributivo e ampliando la platea di contribuenti con riduzioni d'imposta mirate. Tra gli obiettivi principali, emerge la volontà di rilanciare i consumi interni e garantire maggiore equità nel sistema.

Le nuove aliquote Irpef 2026: come cambia la tassazione sui redditi e chi beneficia del taglio

Così come approvata nella nuova Manovra 2026, l'Irpef si fonda su tre scaglioni principali con seconda aliquota ridotta che regolano il livello di tassazione per le diverse fasce di reddito:

  • 23% applicato ai redditi fino a 28.000 euro;
  • 33% per la porzione di reddito compresa tra 28.001 e 50.000 euro (in precedenza il 35%);
  • 43% oltre i 50.000 euro.
La riduzione di due punti percentuali dell'Irpef riguarda esclusivamente la fascia intermedia, portando un alleggerimento per i contribuenti appartenenti al ceto medio. Secondo le proiezioni ministeriali e delle principali associazioni di categoria, il cambiamento interessa circa 10 milioni di contribuenti, in prevalenza lavoratori dipendenti e pensionati.

I vantaggi sono progressivi e concentrati per chi dichiara tra 28.000 e 50.000 euro. La soglia non è stata aumentata a 60mila euro come inizialmente annunciato. All’interno di questa fascia, il beneficio cresce in funzione della quota di reddito soggetta all’aliquota più bassa. Per chi supera i 50.000 euro il vantaggio si limita alla parte di reddito inserita nello scaglione agevolato, mentre per i redditi fino a 28.000 euro registrano effetti minimi o nulli, avendo già beneficiato di precedenti interventi sull’Irpef.

Sono poi previsti meccanismi di limitazione dei benefici per i redditi molto elevati, in primis la sterilizzazione prevista per chi supera i 200.000 euro, e il mantenimento dei tetti esistenti alle detrazioni oltre i 50.000 euro. I vantaggi si traducono in un risparmio fino a 440 euro annui per chi si colloca alla soglia superiore dello scaglione intermedio, mentre risparmi più contenuti interessano le fasce prossime ai 28.000 euro.

La novità si applica al lavoro dipendente che, nelle successive fasi attuative della riforma, agli autonomi e pensionati, pur con modalità temporali differenziate.

Simulazioni pratiche: effetti del taglio Irpef su diverse fasce di reddito e calcoli dei risparmi

L'impatto effettivo della nuova Irpef per il 2026 può essere compreso meglio attraverso alcune simulazioni esemplificative, che distinguono tra diversi livelli di reddito:

Reddito imponibile Risparmio annuo stimato
30.000 euro 40 euro
35.000 euro 140 euro
40.000 euro 240 euro
45.000 euro 340 euro
50.000 euro 440 euro

I dati riportati si riferiscono al netto della sola variazione d’aliquota e non includono l’effetto di eventuali detrazioni aggiuntive o addizionali locali. Nel meccanismo a scaglioni dell’Irpef, la parte di reddito fino a 28.000 euro viene tassata al 23%, quella compresa tra 28.001 e 50.000 con il nuovo 33% (anziché il precedente 35%), mentre oltre i 50.000 euro si applica la misura massima al 43%. Per redditi sopra i 50.000 euro, il beneficio derivante dalla riduzione della seconda aliquota viene limitato esclusivamente all’importo compreso nello scaglione agevolato.

Per esempio, un lavoratore dipendente con 45.000 euro di imponibile lordo vedrà un risparmio di circa 340 euro su base annua, mentre chi percepisce 30.000 euro si attesterà intorno ai 40 euro l’anno. Per i lavoratori autonomi, l’effetto pratico si vedrà gradualmente negli acconti a partire dal saldo riferito all’anno d’imposta 2026.

Il risparmio si rifletterà in busta paga già dai primi mesi dell’anno per i dipendenti, grazie all’aggiornamento automatico delle ritenute da parte dei datori di lavoro.

Fiscal drag e rischio inflazione: la riforma Irpef 2026 protegge davvero il potere d’acquisto?

Il fiscal drag rappresenta un rischio concreto in contesti di inflazione persistente, perché la crescita nominale dei redditi non accompagnata da una revisione delle soglie fiscali produce un innalzamento automatico della pressione tributaria, riducendo il potere d’acquisto reale dei cittadini.

Nonostante la riduzione delle aliquote annunciata dalla manovra 2026, al momento in Italia manca un sistema strutturale e periodico di adeguamento automatico delle soglie e delle detrazioni all’andamento dell’inflazione. Questa lacuna viene più volte sottolineata da analisi indipendenti (tra cui l’Ufficio Parlamentare di Bilancio), che evidenziano come la mancata indicizzazione possa vanificare, nel medio termine, una parte dei benefici concessi ai contribuenti.

Alcune forze parlamentari hanno promosso proposte di legge per introdurre la revisione biennale delle soglie e delle detrazioni in caso di inflazione cumulata superiore al 5%. Nel 2026 tuttavia questi meccanismi restano solo oggetto di discussione, senza reale applicazione sistematica. La protezione del potere d’acquisto per i contribuenti italiani viene quindi garantita solo parzialmente: se da un lato il taglio delle aliquote mitiga lo scatto automatico del fiscal drag, dall’altro, senza una revisione collegata ai prezzi, resta il rischio che i vantaggi concessi vadano via via erodendosi nel tempo.

 

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