Il cuore della proposta europea si ispira a un esempio concreto e già funzionante: l'ISK, l'Investment Savings Account adottato in Svezia.
In un'Europa in cui il risparmio è abbondante ma poco produttivo, nasce la proposta della Savings and Investments Union, una nuova alleanza tra cittadini, mercati e imprese, che mira a snellire la burocrazia fiscale, uniformare la tassazione tra i Paesi membri e tagliare le imposte sugli investimenti per i piccoli risparmiatori.
L'obiettivo è mobilitare i risparmi dei cittadini verso investimenti produttivi e spostare il denaro da conti correnti e depositi verso strumenti come fondi comuni, azioni, obbligazioni ed Etf. C'è da sottolineare che il rendimento previsto non sarà alto come ci si aspettava, ma i benefici arriveranno soprattutto da agevolazioni finanziarie
Secondo la Banca centrale europea, nei conti bancari dell'Unione giacciono oltre 10.000 miliardi di euro in forma liquida. Un capitale che potrebbe generare fino a 350 miliardi di euro all'anno se investito in modo efficiente, con ricadute positive sulla crescita economica, la transizione ecologica e l'innovazione tecnologica. Approfondiamo in questo articolo:
A differenza dei tradizionali regimi fiscali basati sulla tassazione di ogni plusvalenza realizzata, l'ISK prevede una tassa forfettaria annua, calcolata sul valore medio del portafoglio. L'imposta si applica indipendentemente dal rendimento, e offre un vantaggio: nessuna tassa sulle singole transazioni, sui dividendi, o sulle vendite con guadagno.
Questo meccanismo incentiva l'investitore a muoversi con maggiore libertà, senza paura di bloccare il proprio capitale per evitare di pagare tasse sulle plusvalenze. A partire dal 2025, gli investimenti ISK saranno esenti da imposte fino a 13.000 euro, soglia destinata a raddoppiare nel 2026.
Al momento, il sistema fiscale italiano è piuttosto disomogeneo e sfavorevole ai piccoli investitori: le rendite finanziarie sono tassate al 26% per fondi, azioni, obbligazioni societarie ed Etf mentre i titoli di Stato godono di un'aliquota ridotta al 12,5%. Non solo: la complessità delle dichiarazioni fiscali, la necessità di calcolare minusvalenze e plusvalenze per ogni singola operazione, e la mancanza di una deducibilità lineare delle perdite rende difficile investire con continuità, soprattutto per chi non ha competenze tecniche.
Con un sistema fiscale simile a quello svedese, il cittadino italiano può investire con maggiore serenità, sapendo di non dover pagare imposte su ogni transazione e potendo contare su un'imposta predefinita e facilmente calcolabile. Questo non solo semplificherebbe la burocrazia, ma potrebbe portare a un aumento degli investimenti retail.
Secondo McKinsey, in Italia quasi 1.900 miliardi di euro di risparmi delle famiglie giacciono in strumenti a bassa remunerazione, come conti correnti e depositi. Si tratta di quasi il 48% delle attività finanziarie complessive, una quota molto più alta rispetto a Paesi come Svezia (18%), Regno Unito (26%) o Francia (38%).