Prorogato fino al 2028 il piano Transizione 5.0 ma con bonus minori e beni agevolabili limitati
La disciplina degli incentivi agli investimenti produttivi ha aggiunto un nuovo capitolo con la rimodulazione della Transizione 5.0, a seguito delle più recenti disposizioni normative. Le imprese sono oggi chiamate a orientarsi in un contesto normativo rinnovato, dove la proroga delle agevolazioni fino al 2028 viene accompagnata dal ridimensionamento dei bonus e dalla ridefinizione dei beni ammissibili.
Nel biennio 2024-2025, la Transizione 5.0 è stata al centro delle strategie di innovazione e digitalizzazione delle imprese italiane, ponendosi come naturale evoluzione del precedente assetto della Transizione 4.0. Tuttavia, la misura, originariamente sostenuta da uno stanziamento di 6,3 miliardi di euro, ha subito un ridimensionamento a 2,5 miliardi. Tale taglio, determinato dalla revisione del PNRR, ha ridotto sia la platea dei beneficiari sia l’entità degli investimenti incentivati.
L’avvio effettivo del piano è stato frenato dalla complessità normativa e da un ritardo nella pubblicazione dei decreti attuativi (emanati solo nell’agosto 2024). Questi elementi hanno condizionato in particolare la rapidità nell’invio delle domande, generando una corsa finale nell’ultimo semestre del 2025.
Le richieste hanno rapidamente oltrepassato la soglia dei fondi disponibili, portando alla chiusura anticipata della piattaforma Mimit e limitando di fatto il numero di imprese che sono riuscite a beneficiare del supporto statale.
I chiarimenti forniti da Mimit e GSE nell’ultima parte del biennio hanno migliorato la comprensione delle modalità di accesso, ma l’avvenuto esaurimento delle risorse ha posto in evidenza una criticità strutturale: l’assenza di regole snelle e tempi certi per le imprese. Questa carenza ha generato incertezza, spingendo molti soggetti a riorientare i propri progetti su strumenti più collaudati, come gli incentivi 4.0, determinando a cascata l’azzeramento anche di quei fondi.
Le aziende che avevano già avviato investimenti, con ordini effettuati e acconti versati, sono rimaste in attesa di una posizione chiara rispetto alla possibilità di mantenere il diritto al bonus. Il versamento di almeno il 20% sulla singola commessa è stato confermato quale requisito necessario. Per chi non ha tempestivamente completato la procedura, resta la raccomandazione a monitorare costantemente il portale GSE per eventuali aggiornamenti e possibili scorrimenti della graduatoria.
La Manovra finanziaria 2026 ha prorogato la possibilità di usufruire degli incentivi prrevisti fino al 30 settembre 2028, ma con una decisa riduzione delle aliquote agevolative e la cancellazione della supermaggiorazione (precedentemente riservata agli investimenti con alto valore ambientale e green). Si tratta di una virata rispetto al recente passato, dove le maggiorazioni potevano arrivare al 220% su investimenti con impatto ecologico; ora il bonus, per tutti, non può superare il 180%.
I benefici riguardano esclusivamente beni strumentali materiali e immateriali legati alla trasformazione 4.0 e 5.0, e devono essere destinati a strutture produttive localizzate in Italia. I beni agevolabili sono limitati rispetto agli anni precedenti, con un criterio più selettivo ispirato alla normativa europea e al principio del "Made in EU". Restano esclusi gli investimenti in formazione e sviluppo immateriale non direttamente connessi alla trasformazione digitale, mentre si aprono limitati spazi per l’agevolazione di investimenti nell’ideazione estetica (credito 10%).
Il nuovo assetto normativo impone inoltre precise condizioni temporali e documentali, in particolare:
I principali cambiamenti operativi riguardano:
La Manovra ha istituito dal 2026 una nuova forma di iperammortamento, con l’intento di semplificare la fruizione degli incentivi e offrire maggiore stabilità nel tempo. Le imprese potranno maggiorare fiscalmente il costo dei beni strumentali materiali e immateriali fino al 180%, sostituendo così l’attuale regime dei crediti d’imposta applicato dal 2020.
L’intervento risponde all’esigenza di ridurre l’incertezza sulle risorse e sulle procedure di accesso, centralizzando tutto nel trattamento contabile e fiscale dell’investimento: