Nuove leggi sui buoni pasto
I buoni pasto sono così ben visti in quanto rappresentano una valida alternativa alla mensa aziendale. Ma il loro futuro è a rischio. Ecco cosa sta succedendo.
Si ritorna a parlare di buoni pasto perché i commercianti sono in rivolta per le commissioni che considerano esagerate. Si tratta di un grido di allarme da non sottovalutare in quanto se non si concretizza una riforma radicale del sistema di erogazione dei ticket, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione hanno già annunciato che potrebbero smettere di accettarli.
Ecco allora che il legislatore potrebbe mettere mano alla materia. Attualmente se ne possono usare al massimo 8 per ciascuna spesa o acquisto e che sono spendibili presso ristoranti, pizzerie, self service mense e attività similari, oltre che in supermercati, agriturismi, ittiturismi, mercatini e spacci aziendali. Approfondiamo allora in questo articolo:
Nuove leggi sui buoni pasto, cosa potrebbe cambiare
Cosa non cambia sui buoni pasto nel 2023
I buoni pasto sono così ben visti in quanto rappresentano una valida alternativa alla mensa aziendale. Il fronte di utilizzo è infatti molto ampio e va al di là di bar e ristoranti. In pratica possono essere sfruttati anche per fare la spesa al supermercato così come per acquistare al dettaglio o consumare prodotti provenienti dal fondo di imprenditori agricoli, coltivatori diretti o società agricole.
In alcun caso i buoni pasto possono essere comunque convertiti in denaro. Ma per le principali associazioni dei settori interessati, Ancd Conad, Ancc Coop, Fiepet, Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Fipe Confcommercio, si sta consumando un danno enorme per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto
Il tavolo tra le associazioni di categoria chiede che la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico "che sono a livelli inaccettabili. A conti fatti, come viene fatto notare, per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare, il bar o il supermercato ne incassa poco più di 6.
A loro dire, per le aziende si tratta di una “tassa occulta del 20%”, denunciano i commercianti. Anche perché, rilevano, una volta scalati gli oneri di gestione e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10.000 euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3.000 euro.
Anche se il legislatore potrebbe intervenire per modificare l'impatto delle commissioni sui buoni pasto, non cambieranno alcune regole fiscali di base, a iniziare dalla mancata costituzione dei ticket di reddito da lavoro fino all'importo esente previsto dalla normativa in vigore.
Oltre questa soglia, la differenza forma reddito imponibile ed è assoggettato alle ritenute di legge. Laddove possibile, nella maggior parte dei casi, l'erogazione dei buoni pasto ai dipendenti viene effettuata il mese successivo a quello di riferimento sulla base delle presenze così come rilevate dal sistema di gestione presenze.
I buoni pasto possono essere spesi fino alla data di scadenza indicata dalla ditta fornitrice. Se non utilizzati sono sostituiti con scadenza differita che dovrà essere prevista nella convenzione con la ditta appaltatrice. In alternativa ai buoni pasto, il datore può mettere a disposizione la mensa aziendale con gestione propria o affidata in appalto a società esterne o la mensa esterna in apposite strutture.