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Quali sono le nuove attese per novità pensioni annunciate da tempo ma ancora bloccate: cosa aspettarsi e modifiche
Quali sono le novità su importanti modifiche bloccate ma già annunciate su pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità? Continuano a susseguirsi annunci e promesse su novità per le pensioni che sono particolarmente attese, soprattutto in riferimento a revisione dell’attuale legge pensionistica per modifiche ai requisiti attualmente richiesti per andare in pensione, e considerati troppo rigidi, e ad aumenti, soprattutto relativi alle pensioni di invalidità.
Annunci che nella maggior parte dei casi, se non nella totalità, sono rimasti tali e tutto è ancora bloccato. Ma per qualche novità, qualcosa potrebbe muoversi a breve, mentre per altre novità pensioni bisognerà attendere ancora.
Negli ultimi mesi si sono susseguiti annunci e spiegazioni relativi ai ritardi dei pagamenti degli aumenti delle pensioni minime di vecchiaia ma dal prossimo mese di luglio finalmente i pensionati potranno ricevere quanto spetta di diritto.
L’Inps ha pubblicato un messaggio in cui ha chiarito che gli aumenti delle pensioni minime saranno pagati il prossimo mese di luglio con calcolo dei relativi arretrati da gennaio a maggio. Gli aumenti attesi sono per le pensioni minime dagli attuali 563,74 a 572,20 euro, mentre per gli over 75, l'assegno aumenterà da 563,74 a circa 600 euro, precisamente 599,82 euro.
E’ ancora bloccata, anch’essa annunciata, la riforma delle pensioni di cui tanto si è parlato in campagna elettorale. L’obiettivo era definire una riforma pensioni strutturale per una revisione totale dei normali requisiti pensionistici oggi richiesti, cioè 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia e 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini a prescindere dal requisito anagrafico in entrambe i casi per la pensione anticipata ordinaria.
Gli annunci erano quelli di una possibile riforma delle pensioni nel 2024 ma al momento è ancora tutto bloccato per mancanza di risorse economiche che, si auspica, si potrebbero recuperare solo nel caso di un ulteriore scostamento di bilancio eventualmente concesso, in modo da avere più soldi da impiegare che, però, il governo dovrà decidere in cosa impiegare e se la priorità saranno effettivamente le pensioni.
Si attendono ancora novità per opzione donna, le cui discussioni sono riprese in Parlamento e di nuovo dunque al centro del dibattito politico. Con il Decreto Lavoro ufficialmente approvato il primo maggio si attendevano, come annunciato negli ultimi mesi, modifiche per opzione donna: circolava, infatti, la notizia secondo cui nel Decreto sarebbe dovuto rientrare il ripristino dei vecchi requisiti di opzione donna, per permettere nuovamente alle lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione prima, rispettivamente, a 58 e 59 anni di età, con 35 anni di contributi, considerando le finestre di 12 e 18 mesi per l’uscita definitiva indipendentemente dalla presenza o meno, e quanti, figli o dalla categoria di appartenenza.
Tale modifica è, però, salata e, a parte la proroga del contratto di espansione fino al 2025 per andare in pensione prima fino a 5 anni, nulla è stato fatto né per opzione donna né per altre eventuali novità pensioni.
Ora le discussioni su opzione donna sono riprese ed è stata approvata alla Camera la mozione di maggioranza su Opzione donna per misure per contrastare il divario pensionistico di genere, attestato dai dati sull’andamento delle pensioni erogate dall’Inps.
Sono state, quindi, bocciate le mozioni dell'opposizione che puntavano al totale ripristino dei vecchi requisiti di opzione donna.
Ora, il testo approvato alla Camera, impegna il governo a definire, compatibilmente con le risorse economiche disponibili e i vincoli di finanza pubblica, nell’ambito delle riforme pensioni, forme di flessibilità per l'accesso anticipato alla pensione delle donne, nonchè a studiare formule innovative per conciliare al meglio lavoro e i tempi di vita e di cura della famiglia.
Tutto tace, invece, per le novità annunciate per pensioni di invalidità, per cui si parla ormai da tempo di un decreto invalidità, previsto dal Pnrr, che dovrebbe contenere sia misure per il miglioramento delle condizioni di vita di invalidi e disabili e relativi assistenti familiari (cargiver) sulla scia di quanto iniziato con il Ddl Anziani e sia aumenti per pensioni di invalidità.
Tutto tace anche per le novità annunciate per le pensioni di reversibilità: ancora nessuna sentenza emessa che si attendeva diventasse legge, è stata effettivamente oggetto di modifica. Si attende ancora, infatti, la conversione in legge di una sentenza della Corte di Cassazione che si è espressa sul diritto a percepire la pensione di reversibilità dai superstiti, stabilendo che la prestazione deve spettare al coniuge separato, anche con addebito, e non solo se il coniuge percepisce l’assegno alimentare a carico del coniuge deceduto. Dunque, la pensione di reversibilità spetta anche all’ex coniuge anche se non percepisce alcun assegno.
Si attende anche la conversione in legge di un’altra recente sentenza dalla Corte di Cassazione sul calcolo degli importi delle pensioni di reversibilità da riconoscere ai superstiti: la Corte ha, infatti, stabilito che se il superstite che ha diritto a percepire la prestazione percepisce altri redditi ma le riduzioni non possono e non devono mai superare le stesse entrate del beneficiario.
Secondo la Corte, in caso di cumulo di pensione di reversibilità con redditi aggiuntivi, non si può calcolare una decurtazione superiore all’importo di tali redditi, stabilendo nuovi limiti per le riduzioni.