Quali sono gli accordi che si possono raggiungere con le aziende per andare in pensione prima e chi puņ farli: le soluzioni e i chiarimenti
Chi e quando può fare un accordo con la propria azienda per andare in pensione prima? Se la Manovra Finanziaria 2025 ha ancora prorogato per quest’anno le forme di uscita anticipata di quota 103, opzione donna e ape sociale, lasciando invariati i normali requisiti per la pensione di vecchiaia (a 67 anni di età e con almeno 20 anni di contributi) e la pensione anticipata ordinaria (con 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età anagrafica), esistono anche altre forma di accordo che i lavoratori possono prendere direttamente con la propria azienda per lasciare prima il lavoro, soprattutto in presenza di specifiche situazioni.
Sono accordi possibili solo in presenza di specifiche situazioni, per esempio in casi di esubero, per evitare casse integrazioni, per agevolare il dipendente che non si sente più in grado di continuare a lavorare e ma solo se mancano pochi anni al pensionamento.
Ogni azienda può raggiungere con i propri dipendenti, a seconda delle singole condizioni sia aziendali che lavorative, specifici accordi, che possono essere anche molto differenti.
Ci sono aziende che, in caso di richiesta di uscita anticipata, avendo a disposizione le risorse finanziarie, concedono, per esempio, la possibilità di andare in pensione prima, calcolando una determinata buona uscita, che potrebbe essere leggermente inferiore a quella che si percepirebbe andando normalmente in pensione, concedendo un anno di stipendio senza lavorare, per permettere al dipendente di raggiungere il pensionamento.
Ci sono aziende che prevedono specifici scivoli di accompagnamento alla pensione e ci sono anche aziende e datori di lavoro che licenziano il dipendente per permettergli di richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi, considerando che, come da normativa previsto, può essere erogata solo a chi ha perso involontariamente il lavoro, si trova in totale stato di disoccupazione e ha maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio della disoccupazione.
Una volta ottenuto il licenziamento, il lavoratore può chiedere la Naspi, che viene erogata per la metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni. Chi ha lavorato a lungo in azienda può ricevere l’indennità per 2 anni.
Esistono certamente poi altri sistemi che ogni azienda può mettere in atto, in accordo con il dipendente, che convengono ad entrambe le parti sia da un punto di vista economico che organizzativo.
Tra i sistemi di solito già previsti per permettere ad un dipendente di azienda di andare in pensione prima c’è l’Isopensione, a cui si ricorre nei casi di esubero del personale.
Si tratta di uno scivolo di accompagnamento all’uscita dal lavoro che permette a determinate categorie di lavoratori di anticipare la pensione prima fino a 7 anni rispetto ai normali requisiti pensionistici richiesti. Ciò significa poter lasciare il lavoro a 60 anni invece che ai 67 anni di età richiesti per la pensione di vecchiaia.
Possono usufruirne, però, solo i lavoratori in esubero di aziende con più di 15 dipendenti e solo tramite stipula di accordi con le organizzazioni sindacali più rappresentative.
L'importo dell'assegno di isopensione sarebbe uguale a quello che il lavoratore riceverebbe al momento del pensionamento secondo le normative in vigore, senza considerare i contributi figurativi che il datore di lavoro deve versare per il periodo di esodo.
Ciò significa che l’importo sarà leggermente inferiore rispetto alla pensione che il lavoratore percepirà una volta cessato il pagamento dell’assegno.
In alternativa, arriva un’altra soluzione per permettere ai lavoratori di andare in pensione prima. Si tratta della nuova staffetta generazionale inserita nel Ddl Pmi e riservata alle imprese che hanno al massimo 50 dipendenti.
La misura permetterebbe ai lavoratori che nel 2026 e nel 2027 si trovano al massimo a 30 mesi dal raggiungimento della pensione finale di trasformare il proprio contratto a tempo pieno in part-time incentivato, con riduzione dell’orario di lavoro dunque, a condizione che l’azienda assuma un giovane under 35 anni con contratto di apprendistato professionalizzante.
L’obiettivo è incentivare il turn over a lavoro tra vecchi e nuovi lavoratori, garantendo alle aziende il mantenimento di buone competenze nel personale.