La condanna dell'Italia arriva con la sentenza emessa nel caso Italgomme Pneumatici Italia, che ha riunito 13 ricorsi.
I controlli fiscali italiani violano i diritti fondamentali dei cittadini. È quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato l'Italia per le modalità con cui l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza conducono le ispezioni fiscali. Secondo la sentenza, queste operazioni vengono svolte con poteri pressoché illimitati, senza garanzie per i contribuenti e senza una reale supervisione giudiziaria per una violazione dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che tutela il diritto al rispetto della vita privata, del domicilio e della corrispondenza. Analizziamo allora:
Le verifiche della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate hanno riguardato aziende e studi professionali, con ispezioni che hanno portato all'esame, copia o sequestro di documenti contabili e di scritture extracontabili, tra cui registri, fatture e archivi informatici. Secondo la Corte, i contribuenti hanno subito pressioni indebite, con minacce di conseguenze negative in caso di opposizione ai controlli.
La sentenza non si limita a una semplice censura: la Corte ha imposto all'Italia di riformare le proprie leggi in materia fiscale, al fine di evitare condanne in futuro.
Uno dei punti critici sollevati dalla Corte riguarda il potere incontrollato concesso agli ispettori fiscali. In Italia, i funzionari possono accedere a uffici e stabilimenti senza alcuna autorizzazione preventiva, esaminare registri e computer, copiare documenti sensibili e conservare dati senza alcuna restrizione temporale, tutto senza che sia richiesta una valutazione preliminare da parte di un giudice sulla necessità e proporzionalità dell'intervento.
Il problema è l'assenza di garanzie giuridiche per i contribuenti. Non esiste alcun obbligo per le autorità di giustificare l'accesso con motivazioni precise, né sono previsti limiti temporali alla durata dell'ispezione. Non c'è poi un meccanismo rapido ed efficace per consentire al contribuente di ricorrere immediatamente a un tribunale in caso di controlli ritenuti eccessivi o sproporzionati.
Secondo la Corte, il quadro normativo italiano non rispetta il principio della qualità della legge, un requisito imposto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La legislazione vigente lascia un margine di discrezionalità troppo ampio agli ispettori fiscali, che possono decidere senza criteri oggettivi l'estensione e la durata delle verifiche, con il rischio di abusi sistematici.
In base all'articolo 46 della Convenzione europea - che impone agli Stati membri di rispettare e attuare le sentenze della Corte - l'Italia è ora chiamata a modificare la normativa e le prassi amministrative in materia di controlli fiscali. La Corte ha chiesto misure concrete per garantire maggiore trasparenza e tutela nei confronti dei contribuenti.
Un altro aspetto riguarda la revisione dei meccanismi di tutela giurisdizionale. La Corte ha chiesto l'introduzione di un sistema che consenta ai contribuenti di impugnare le ispezioni in corso e contestarne la legittimità in maniera rapida ed efficace. In particolare, si propone di istituire un meccanismo di revisione immediata, che permetta di valutare la proporzionalità e legalità dei controlli senza abusi legati alla raccolta e conservazione indiscriminata di documenti.
Oltre alle riforme legislative, la Corte ha stabilito che lo Stato italiano dovrà risarcire ogni ricorrente con 3.200 euro per danni non patrimoniali e ha riconosciuto il pregiudizio subito a causa delle modalità arbitrarie con cui sono state condotte le ispezioni fiscali.