Nessuna novità positiva in Manovra per la riduzione dei tempi di pagamento del Tfr-Tfs agli statali ma resta la tassa di due mila euro per riceverlo in anticipo
L’attesa per cambiamenti sostanziali riguardo il trattamento di fine servizio (TFS) e il trattamento di fine rapporto (TFR) per i lavoratori pubblici è stata nuovamente delusa. Nonostante le aspettative, la Manovra Finanziaria 2026 non ha introdotto alcuna novità significativa sulla tempistica di liquidazione di queste indennità.
La promessa di equiparare diritti e tempi tra dipendenti statali e privati si è scontrata con la realtà di vincoli di bilancio e mediazioni politiche. Persistono disparità che alimentano frustrazione fra chi lascia il pubblico impiego e si trova a dover aspettare mesi, se non anni, per ottenere somme maturate in anni di servizio.
Per comprendere appieno la questione è necessario distinguere tra Tfr e Tfs agli statali:
La discussione attorno all'equiparazione dei diritti tra pubblico e privato ha caratterizzato l’intero iter della Manovra 2026. Si era parlato di una possibile accelerazione dei tempi di pagamento del TFS/TFR agli statali: molte anticipazioni giornalistiche e dichiarazioni degli esponenti politici avevano lasciato intendere che il nuovo assetto potesse portare a una riduzione del periodo d’attesa da dodici a tre mesi, avvicinando così le condizioni dei dipendenti pubblici a quelle dei colleghi del settore privato.
La misura ha, però, incontrato limiti insormontabili: la carenza di coperture finanziarie, le difficoltà tecniche e gli effetti sui conti pubblici hanno impedito ogni avanzamento sostanziale. Nessun emendamento significativo ha visto la luce, e le promesse di accelerazione sono rimaste delle semplici dichiarazioni di intenti, lasciando irrisolto il disagio dei dipendenti pubblici.
Nonostante le speranze suscitate dalle prime bozze della Manovra 2026, la normativa definitiva non apporta modifiche sostanziali ai tempi di liquidazione dell’indennità di fine servizio o rapporto per il pubblico impiego. La tempistica, infatti, resterà improntata a un’erogazione scaglionata che prevede:
L’urgenza di intervenire è ulteriormente aggravata dall’esaurimento dei fondi per l’anticipo INPS, che aveva rappresentato una delle poche soluzioni temporanee ma che oggi non può più fronteggiare la domanda: le istanze rimangono sospese e il margine di manovra si fa sempre più ristretto.
L’unica opzione attualmente percorribile per coloro che necessitano di liquidità immediata è rappresentata dall’anticipo bancario, un servizio nato per sopperire ai lunghi tempi di attesa del settore pubblico. Questo meccanismo consente di ottenere, presso istituti convenzionati, un anticipo fino a 45.000 euro del TFS/TFR spettante.
Tuttavia, l’accesso a questa soluzione comporta oneri significativi. Le banche applicano un tasso di interesse che supera il 3%, i costi di istruttoria, l’assicurazione sul credito e una serie di spese fisse che, sommate, determinano una vera e propria “tassa” occulta per il lavoratore. Le recenti simulazioni confermano che la cifra totale di tali costi si aggira sui 2.000 euro per ogni operazione di anticipo, rappresentando un esborso tutt’altro che trascurabile per chi si trova già a dover colmare un fabbisogno emergenziale.
Sulla base di queste condizioni, chi sceglie l’anticipo bancario per ricevere subito la liquidazione del TFS/TFR si trova a sostenere esborsi che erodono una parte significativa della somma maturata. Analizzando le voci principali:
| Voce di costo | Importo medio stimato (€) |
| Interessi | 1.100 |
| Spese istruttoria | 200 |
| Assicurazione | 300 |
| Altri costi (gestione, pratiche) | 400 |
| TOTALE | 2.000 |