Il primo semestre 2025 ha visto rendimenti differenti tra fondi pensione azionari, bilanciati, obbligazionari e garantiti. Performance, confronti storici, TFR in azienda e le nuove tendenze del settore.
Nell'attuale scenario previdenziale italiano, i risultati ottenuti dagli strumenti di previdenza complementare nel corso del 2025 rappresentano un punto di riferimento per comprendere le strategie di accumulo più efficienti. I fattori che incidono sull'evoluzione dei rendimenti sono molteplici: andamento dei mercati finanziari, scelte di asset allocation e regolamentazioni recenti.
L'incremento dell'interesse verso la previdenza integrativa da parte di lavoratori e famiglie, unito ad una maggiore consapevolezza circa le differenze tra fondi negoziali, fondi aperti e PIP, rende sempre più attuale l'analisi comparativa tra questi strumenti e il trattamento di fine rapporto (TFR) lasciato in azienda, soprattutto in relazione ai primi sei mesi dell'anno. Comprendere le dinamiche sottostanti alle performance dei comparti pensionistici consente di prendere decisioni informate, nella tutela degli obiettivi pensionistici e del benessere economico futuro.
Il periodo compreso tra gennaio e giugno 2025 si è distinto per una volatilità marcata nei mercati finanziari globali, con riflessi diretti sui rendimenti dei fondi pensione italiani. In questo arco temporale, le linee azionarie e bilanciate hanno manifestato risultati in media negativi, evidenziando una tendenza simile a quella osservata nel primo trimestre dell'anno, dove i rendimenti medi si sono mantenuti tra il -1,3% e il -2,5% nei comparti azionari, secondo quanto comunicato da Covip. In particolare, nei fondi pensione negoziali le linee azionarie hanno raggiunto una media di -1,3%, mentre quelle aperte si sono attestate intorno a -1,5%. Nei PIP di ramo III il risultato medio è stato del -2,5%, dati che, contestualizzati, risultano comunque meno negativi rispetto a molti mercati azionari mondiali nello stesso periodo.
Per le linee bilanciate, i rendimenti si sono mantenuti in un intervallo compreso tra -0,6% e -2,2% a seconda della tipologia, con i fondi negoziali che hanno limitato le perdite rispetto ai prodotti di mercato. Le linee obbligazionarie e garantite hanno invece registrato valori medi vicini allo zero o lievemente positivi, mantenendo una funzione di stabilizzazione all'interno dei portafogli pensionistici. Nel confronto storico, su orizzonti decennali, emerge come le linee azionarie e bilanciate continuino a offrire ritorni superiori rispetto ad altre tipologie di strumenti. In riferimento al periodo 2015-2025, le linee a contenuto azionario hanno evidenziato rendimenti medi composti tra il 4,2% e il 4,4%, mentre le bilanciate si sono posizionate fra l'1,5% e il 2,5%, confermando la capacità del risparmio previdenziale di tutelare il potere d'acquisto nel lungo termine.
Tale struttura dei rendimenti testimonia l'efficienza dei fondi pensionistici italiani, che, pur risentendo delle fasi di instabilità dei mercati, si dimostrano competitivi soprattutto rispetto ad alternative meno dinamiche. Questo dato viene rafforzato dal confronto con la rivalutazione media del TFR, approfondito in sezione dedicata e rilevante per le scelte individuali di allocazione del risparmio.
L'offerta di strumenti per la previdenza complementare in Italia si articola su più livelli, caratterizzati da differente profilo di rischio/rendimento e orizzonte temporale. L'analisi delle principali categorie - azionari, bilanciati, obbligazionari e garantiti - rivela una diversificazione sostanziale tanto nei risultati quanto nelle strategie operative. Facendo riferimento alle 3 tipologie di fondi si nota che:
Fondi azionari: Questa categoria si distingue per l'esposizione ai mercati azionari, con l'obiettivo di ottenere il massimo apprezzamento del capitale nel tempo. Nel primo semestre del 2025 i rendimenti hanno mostrato una contrazione, sebbene l'arco temporale di medio-lungo periodo riporti risultati a favore di questa asset class. Su base decennale i comparti azionari hanno generato rendimenti medi annui superiori al 4% negli strumenti negoziali e aperti, talvolta sfiorando il 5%. Tale dinamica riflette la maggiore ciclicità e volatilità tipica degli investimenti azionari.
Fondi bilanciati: I fondi bilanciati combinano titoli azionari e obbligazionari in proporzioni variabili, con l'obiettivo di ottenere una crescita del capitale riducendo l'esposizione ai rischi di mercato. Nel semestre di riferimento, questi strumenti hanno registrato una flessione intorno allo 0,6%-2% a seconda della tipologia. Nel lungo termine, le linee bilanciate offrono ritorni compresi tra l'1,5% e il 2,5%, rappresentando una scelta intermedia fra rischio e stabilità.
Fondi obbligazionari e garantiti: Le linee obbligazionarie si distinguono per l'investimento prevalente in titoli di Stato e obbligazioni di elevata qualità creditizia. Di conseguenza, la volatilità resta contenuta, così come i rendimenti attesi. Nel 2025, questi comparti hanno mostrato rendimenti prossimi allo zero o lievemente positivi. Le linee garantite, che spesso accolgono il TFR dei lavoratori aderenti in modalità silenzio-assenso, sono progettate per proteggere il capitale, ma evidenziano rendimenti modesti: negli ultimi dieci anni mediamente inferiori all'1%.
La diversificazione tra queste tipologie di fondi consente agli aderenti di individuare la soluzione più idonea rispetto agli obiettivi di previdenza, all'orizzonte temporale disponibile e al proprio profilo di rischio.
Il panorama dei risultati ottenuti dai fondi pensione nel primo semestre del 2025 evidenzia una dispersione dovuta a politiche di investimento, costi e scelte gestionali. I comparti azionari hanno primeggiato in termini di rendimento su base storica: negli ultimi dieci anni, secondo Covip, i migliori comparti hanno accumulato performance complessive superiori al 50%, mentre la media delle linee azionarie si attesta poco sotto il 44%. In questa categoria, le differenze tra fondi negoziali e prodotti aperti risultano talvolta rilevanti, con una maggiore omogeneità nei primi e un range di variabilità superiore nei secondi.
All'estremo opposto, i fondi garantiti mostrano una redditività limitata: in molti casi, i risultati negli ultimi dieci anni non hanno superato il 7%. Anche le linee obbligazionarie presentano performance più contenute, generalmente inferiori al 21% nello stesso periodo, pur offrendo una certa protezione durante fasi turbolente dei mercati. Provando a dare alcuni numeri utili:
Tipologia |
Rendimento medio 10 anni |
Azionari |
+43,4% |
Bilanciati |
+29,6% |
Obbligazionari |
+20,3% |
Garantiti |
+6,8% |
TFR |
+27,3% |
Le migliori performance riscontrate si concentrano nei comparti azionari espansivi e dinamici, come nei fondi di settore specifici. I risultati più modesti sono invece appannaggio dei comparti orientati alla protezione del capitale. L'ampiezza della dispersione va considerata attentamente, poiché può essere indice sia di differenze gestionali, sia di rischi impliciti che ogni investitore deve valutare.
L'analisi comparativa tra fondi pensione e TFR conferma che la rivalutazione annuale del trattamento di fine rapporto - disciplinata dall'articolo 2120 del Codice Civile - continua a rappresentare un punto di riferimento fondamentale nella pianificazione personale. La rivalutazione è determinata sulla base di una quota fissa pari all'1,5% e del 75% dell'aumento dell'indice ISTAT dei prezzi alla consumo: nel primo semestre 2025, questa si è attestata intorno al 2,5%. Diventa allora interessante l'analisi sulla base della linea temporale:
Tipologia d'investimento |
Rendimento medio decennale |
Comparti azionari |
circa 5% annuo |
Comparti bilanciati |
2-3% annuo |
Comparti garantiti/obbligazionari |
circa 1% annuo |
TFR |
2,3% annuo |
Ne risulta che solo le linee garantite, storicamente, hanno offerto risultati complessivamente inferiori alla rivalutazione del TFR, mentre le strategie più dinamiche si sono mostrate vincenti nel favorire la crescita del capitale previdenziale integrativo.
La platea degli iscritti alle forme pensionistiche complementari si è ampliata progressivamente, in risposta sia alle innovazioni normative sia alle trasformazioni economiche e sociali. A marzo 2025 il numero di posizioni attive ha raggiunto quota 11,3 milioni (incluso chi partecipa a più fondi), mentre gli iscritti reali ammontano a 10,1 milioni. I fondi negoziali rappresentano circa il 43% delle posizioni totali, grazie anche alle soluzioni contrattuali adottate in settori come edilizia, commercio e metalmeccanica.
Le adesioni crescono soprattutto tra i giovani (quasi il 20% degli iscritti sotto i 34 anni), mentre le fasce centrali d'età, tra 35 e 55 anni, restano predominanti. Permane il divario di genere: il 61,6% degli iscritti è di sesso maschile, anche a causa di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro e carriere più lineari tra gli uomini. Geograficamente, la maggior parte degli aderenti risiede nelle regioni settentrionali, complice la diffusione di fondi di origine territoriale e settoriale.
La propensione al risparmio previdenziale resta correlata alla tipologia occupazionale e alla stabilità lavorativa.
Nelle prospettive del sistema pensionistico italiano, il semestre iniziale del 2025 ha confermato una crescita costante degli asset sotto gestione e dei flussi contributivi nelle forme di previdenza complementare. Nel primo trimestre, la raccolta complessiva di fondi negoziali, fondi aperti e PIP ha raggiunto 4,2 miliardi di euro, con un incremento dell'8,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli asset complessivi, inclusi anche i contributi afferenti al TFR, si attestano su livelli prossimi a 244 miliardi di euro.
L'aumento delle risorse destinate alle prestazioni è trainato sia dall'apprezzamento dei corsi dei titoli in portafoglio sia dai continui flussi contributivi, con una distribuzione media di circa 2.890 euro all'anno per iscritto. Nel dettaglio, il contributo annuo medio nei fondi aperti supera i 2.500 euro, mentre nei negoziali e nei PIP il valore si mantiene vicino ai 2.200 euro. Rimangono margini di miglioramento per l'inclusione delle fasce più intermittenti e svantaggiate del mercato del lavoro.
Sotto il profilo della sostenibilità, la gradualità nella crescita delle adesioni, unita alla diversificazione dei comparti e all'allineamento delle gestioni agli obiettivi di lungo termine, sono elementi che consolidano la solidità del secondo pilastro pensionistico, garantendo una maggiore resilienza rispetto alle sfide future in termini di demografia e cambiamenti del mercato del lavoro.