Nel 2025, il regime fiscale italiano mantiene una distinzione tra le diverse tipologie di investimento, applicando aliquote e imposte variabili a seconda della natura del prodotto finanziario.
Nel 2025, il sistema fiscale italiano applicherà un regime su conti correnti, assicurazioni, polizze vita, azioni, obbligazioni, titoli di Stato (BTP) e criptovalute, differenziando le aliquote in base alla tipologia di rendimento e di investimento. Questa struttura fiscale, mantenuta con alcune novità nell’ambito della manovra, è destinata a garantire una partecipazione progressiva dei contribuenti, differenziando gli asset a seconda della loro rischiosità e dei rendimenti generati.
Di seguito, un’analisi delle tasse su ciascun tipo di investimento e esempi per comprendere meglio l’impatto delle imposte sui risparmi e sugli investimenti per i cittadini italiani. Approfondiamo quindi:
Anche i modesti rendimenti generati da conti correnti e libretti di risparmio sono tassati al 26%. Questa aliquota riduce il rendimento netto, e per questo motivo tali conti non sono utilizzati per far fruttare i risparmi, ma piuttosto per la gestione quotidiana della liquidità.
Per fare un esempio, nel caso di un correntista con un saldo di 10.000 euro e interessi annui di 100 euro pagherà 34,20 euro di bollo e 26 euro di imposta sugli interessi, per un totale di 60,20 euro in tasse.
Le polizze vita e le assicurazioni di risparmio sono trattate fiscalmente in modo vantaggioso rispetto ad altre forme di investimento:
Investire in azioni può generare due tipologie di rendimenti tassabili: plusvalenze (capital gain) derivanti dalla vendita e dividendi derivanti dalla distribuzione degli utili,
Nel primo caso quando si vendono azioni ottenendo un guadagno rispetto al prezzo d’acquisto, la plusvalenza è tassata al 26%. L’aliquota si applica sull’intero importo del profitto, rendendo questa forma di reddito soggetta a una tassazione piuttosto elevata. Anche i dividendi distribuiti dalle aziende sono tassati al 26%, sia che provengano da società italiane sia che derivino da società estere. Per i dividendi di società estere, l’investitore può incorrere in una doppia imposizione fiscale, se il Paese d’origine applica una ritenuta alla fonte.
Ecco quindi che se un investitore che acquista azioni per 10.000 euro e le rivende a 15.000 euro ottiene un capital gain di 5.000 euro, su cui paga il 26% di imposte, ovvero 1.300 euro. Se riceve un dividendo di 200 euro, l’imposta sarà di 52 euro, trattenuta alla fonte.
Le obbligazioni e i titoli di Stato italiani godono di trattamenti fiscali differenti in base all'emittente. I rendimenti derivanti dai titoli di Stato italiani sono tassati al 12,5%, un’aliquota agevolata che rende questi titoli più vantaggiosi rispetto a obbligazioni di altre categorie. Le obbligazioni emesse da aziende italiane o estere sono tassate al 26% sui rendimenti, rendendole meno vantaggiose dal punto di vista fiscale rispetto ai titoli di Stato.
Se un investitore che acquista BTP per 10.000 euro con un rendimento annuo del 3% ottiene 300 euro di interessi, su cui paga un’imposta del 12,5%, pari a 37,5 euro. Se invece gli stessi 10.000 euro fossero investiti in obbligazioni corporate con rendimento del 3%, la tassa sarebbe del 26%, pari a 78 euro.
Il trattamento fiscale delle criptovalute è diventato più definito, considerando il loro utilizzo come strumento di investimento. Le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute sono tassate al 26%, purché il valore delle criptovalute detenute superi i 51.645,69 euro per almeno sette giorni consecutivi durante l’anno. I possessori di criptovalute devono compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi per monitorare le attività estere. Questo obbligo non comporta imposte aggiuntive, ma è essenziale per garantire la trasparenza dei patrimoni esteri.
Se un investitore che detiene criptovalute per un valore di 55.000 euro e vende parte delle monete con una plusvalenza di 10.000 euro sarà soggetto a un’imposta del 26% su questa somma, ovvero 2.600 euro.