Quali sono le possibili novità che si prospettano nel Def 2025 sia per gli importi delle pensioni 2026 che per le forme di uscita anticipata
Quali sono le prime novità per le pensioni 2026 che trapelano dal Def appena approvato? Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, ha approvato il Documento di finanza pubblica (Dfp ex Def) 2025, da inviare alla Commissione europea entro il 30 aprile dopo esame del Parlamento.
Il documento si focalizza soprattutto sulla rendicontazione dei progressi compiuti negli ultimi sei mesi e sul rapporto debito/PIL.
I dati di consuntivo per il 2024 hanno mostrato un deficit in miglioramento quest’anno, meglio di quanto previsto nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 dello scorso autunno e nel Def, dove si è attestato al 3,4% del Pil (invece che al 4,3%).
In previsione, il documento prevede un deficit ridotto al 2,8% nel 2026, al 2,65 nel 2027 per poi scendere ancora al 2,3% nel 2028. E qualche riferimento nel Documento è stato fatto anche alle pensioni.
Sembra ancora, e di nuovo, prematuro parlare di una riforma delle pensioni strutturale e il motivo resta sempre lo stesso: non ci sono abbastanza soldi per attuarla, mancano le risorse economiche necessarie, senza considerare che, come più volte ribadito anche dall’Ue, l’attuale riforma delle pensioni in Italia è forse l’unica in grado di garantire una stabilità finanziaria, motivo per il quale risulta da anni difficile da toccare.
Forse il prossimo anno 2026 non sarà ancora quello giusto per l’approvazione della quota 41, considerando che i dati sulla spesa per le prestazioni previdenziali aumentano.
Probabilmente, potranno essere confermate di nuovo per tutto il 2026 i sistemi già vigenti per andare in pensione anticipata, come:
Si preparano a cambiare nel 2026 anche gli importi delle pensioni, secondo le stime riportate nel Def, aumentando leggermente.
Quest’anno, infatti, l’inflazione sarebbe tornata a salire e sembra che la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per il 2025 si attesterà al 2,1%, rispetto all’1,1% del 2024 e al 5,9% del 2023.
Considerando tali percentuali, la rivalutazione pensionistica dovrebbe essere calcolata su un tasso compreso tra l’1,6% e l’1,8% da applicare molto probabilmente sempre alle tre percentuali rivalutative in vigore lo scorso anno e riconfermate anche quest’anno del 100% fino a 4 volte il minimo, del 90% tra quattro e cinque volte e del 75% per i trattamenti da sei volte il minimo in su.
Calcolando il tasso rivalutativo tra l'1,6% e l'1,8%, gli importi delle pensioni il prossimo anno dovrebbero aumentare di qualche decina di euro, precisamente tra circa 13 euro per chi percepisce assegni più bassi intorno agli 800 euro circa e gli oltre 50 euro per chi percepisce pensioni più alte sui 3mila euro al mese e anche più per chi prende trattamenti ancora più elevati.
E aumentano anche le pensioni minime nel 2026 e non solo per effetto della rivalutazione automatica delle pensioni su tasso all’1,6% o all’1,8% ma anche per il calcolo della cosiddetta rivalutazione extra (al 2,2% aggiuntivo) che il governo ha introdotto nel 2023 a causa di un’inflazione stellare per garantire comunque un buon adeguamento al potere di acquisto anche a chi percepiva trattamenti più bassi.