Cosa è già cambiato marzo per calcolo delle pensioni e cosa potrebbe ancora cambiare con nuova riforma del Fisco 2023 attesa
Quali sono le nuove modifiche della riforma del Fisco in arrivo che porteranno aumenti o cali delle pensioni tra 500-4mila euro? Non solo ricalcolo delle pensioni con nuova rivalutazione da marzo e riduzioni per effetto dell’aumento delle imposte locali, ma anche ulteriori novità in arrivo che potrebbero incidere ancora sulle pensioni: la nuova riforma del Fisco attesa tra circa una settimana potrebbe, infatti, portare ulteriori novità per il calcolo degli importi di pensioni mensili che si percepiscono, prevedendo aumenti generalizzati per i pensionati ma anche riduzioni degli assegni in alcuni casi. Vediamo cosa è già cambiato marzo per le pensioni e cosa potrebbe ancora cambiare.
Pensioni tra 500-4mila euro a marzo modifiche tra aumenti e chi ha avuto meno
Aumenti e riduzioni delle pensioni che potrebbero esserci con nuova riforma del Fisco
Pensioni tra 500-4mila euro a marzo modifiche tra aumenti e chi ha avuto meno
Le pensioni di marzo hanno deluso molti e soddisfatto altri a causa di aumenti percepiti o di importi più bassi rispetto a quanto ci si aspettava. E poi ci sono anche categorie di pensionati che non hanno avuto alcun aumento e che, diversamente da quanto atteso, non lo avranno per tutto il 2023.
I pensionati che non riceveranno alcun aumento delle pensioni né a marzo e né per tutto il resto del 2023 sono coloro che sono andati in pensione prima con le diverse forme di pensione anticipata.
Stiamo parlando, cioè, di coloro che sono andati in pensione prima con:
isopensione, perché si tratta di uno scivolo di accompagnamento alla pensione e non del vero e proprio trattamento pensionistico;
ape social, la cui indennità è pari all'importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro e non è soggetto a rivalutazione;
contratto di espansione;
ammortizzatore pensionistico;
assegni straordinari di sostegno al reddito.
Accanto a questi pensionati che non hanno ricevuto alcun aumento pensionistico a marzo, ci sono anche pensionati che percepiscono pensioni mensili tra 500-4mila euro che hanno avuto a marzo aumenti inferiori rispetto alle aspettative.
Due i principali motivi di tali riduzioni: la rivalutazione pensionistica al 7,3% non piena e il calcolo delle imposte locali da pagare che sono aumentate già in molti Comuni o regioni.
Partendo dalla rivalutazione della pensione su indice al 7,3%, precisiamo che i pensionati con assegno fino a 2.692 euro al mese che hanno avuto l’anticipo al 2% della rivalutazione pensionistica da ottobre a dicembre, hanno avuto una pensione rivalutata al 5,3%, perché nel ricalcolo sono stati considerati gli acconti già ricevuti a fine anno scorso.
Per tutti gli altri pensionati, il ricalcolo della pensione per la rivalutazione è avvenuto su percentuali rivalutative differenti in base alla fascia di reddito di appartenenza e che sono in particolare del:
100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili;
85% per pensioni fino a 5 volte al minimo, fino 2.626 euro lordi al mese;
53% per pensioni fino 6 volte il minimo, fino a 3.150 euro;
47% per pensioni fino a 8 volte il minimo, pari a 4.200 euro;
37% per pensioni fino a 10 volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili;
32% per pensioni oltre le 10 volte il minimo.
Per fare un esempio dell’aumento delle pensioni a marzo, chi percepisce una pensione di 1200 euro ha avuto un aumento di 63 euro lordi, per una pensione di 1800 euro l’aumento di marzo è di 95 euro, mentre per chi percepisce pensioni più alte di 3mila euro, l’aumento a marzo è di circa 116 euro, mentre per pensioni di circa 4mila euro, l’aumento di marzo si attesa sui 137 euro circa e così via.
Precisiamo che gli aumenti delle pensioni di marzo per effetto della rivalutazione pensionistica sono da intendersi al lordo, non al netto. A contribuire ad aumentare o ridurre le pensioni di marzo, però, ci sono anche altri elementi, come rimborsi, detrazioni e imposte da pagare, considerando poi che sono aumentate le imposte locali, addizionali Irpef comunali e regionali che incidono sul calcolo della pensione netta finale.
Gli aumenti delle imposte locali hanno in molti casi ridotto o azzerato gli aumenti delle pensioni calcolati con nuova rivalutazione 2023. Per esempio, la Lombardia ha modificato le aliquote Irpef ma solo per i redditi sopra i 75 mila euro, per cui gli scaglioni di reddito e le relative aliquote delle tasse regionale sono diventate le seguenti:
per i redditi fino a 15 mila euro, l’aliquota è dell’1,23%;
per i redditi tra 15 mila e 28 mila euro, l’aliquota è dell’1,58%;
per i redditi tra i 28 mila e i 50 mila euro, l’aliquota è dell’1,72%;
per i redditi oltre i 50 mila euro, l’aliquota è dell’1,73%.
Aumenti e riduzioni delle pensioni che potrebbero esserci con nuova riforma del Fisco
La nuova riforma del Fisco inciderà certamente sugli importi delle pensioni mensili tra 500-4mila euro percepite per effetto della nuova revisione delle aliquote Irpef di tassazione sui redditi. L’intenzione del governo Meloni è quella di ridurre le attuali quattro aliquote di tassazione Irpef portandole a tre.
Le attuali quattro aliquote Irpef in vigore in base agli scaglioni di reddito sono le seguenti:
del 23% per redditi fino a 15.000 euro;
del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro;
del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro;
del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Le modifiche che potrebbero essere decise dal governo sono per le seguenti tre aliquote:
aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Con questo nuovo schema di revisione delle aliquote Irpef, i pensionati con redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè chi prende pensioni tra 2.150 euro circa e 3.700 euro al mese circa, avrebbero decisi aumenti dei loro importi mensili, considerando che l’aliquota Irpef si ridurrebbe di ben 8 punti percentuali scendendo dal 35% al 27%.
Per redditi più bassi, fino a 15mila euro annui, cioè per chi percepisce pensioni fino a 1.150 euro al mese circa, nulla cambierebbe perché l’aliquota Irpef per tale scaglione di reddito sarebbe confermata al 23% così come nulla cambierebbe per l’ultima fascia di reddito, cioè per redditi superiori ai 50mila euro (per pensioni dai 3.900 euro circa in poi), perché anche in tal caso resterebbe confermata l’aliquota Irpef del 43%.
Diversi sarebbero i calcoli delle pensioni se, invece, come riportano altre ipotesi di modifica delle aliquote Irpef, la prima aliquota si riducesse al 20% e per redditi fino a 28.000 euro. In tal caso chi percepisce pensioni fino a 2.150 euro circa avrebbe decisimi aumenti pensioni per effetto della riduzione dell’aliquota.
Altra ipotesi al vaglio per novità Irpef è quella che potrebbe prevedere le seguenti tre nuove aliquote Irpef;
del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro
del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
Anche in questo caso, nulla cambierebbe per la prima fascia di reddito fino a 15mila euro per cui resterebbe ancora l’aliquota al 23%, ma scenderebbe nettamente la tassazione per chi ha redditi più alti tra 50mila (si parla di pensioni di circa 3.800 euro) e 75mila euro, per cui si passerebbe dal 35% e 43%, ma ci sarebbero riduzioni di stipendi per redditi tra i 15mila e 28mila euro, per cui l’aliquota di tassazione salirebbe dall’attuale 25% al 27%.