Dalla conferma delle forme di uscita anticipata ancora nel 2025, alla piena rivalutazione degli importi a nuovi bonus per rimanere a lavoro: cosa cambia per le pensioni il prossimo anno
Quali sono le novità ufficiali per le pensioni 2025 inserite nella nuova Manovra Finanziaria? Con la prima approvazione della Manovra Finanziaria da parte del governo, sono diverse le novità che si prospettano per le pensioni il prossimo anno, relative non solo alle possibilità di anticipare il momento dell’uscita, ma a tante altre modifiche. Vediamo quali sono nel dettaglio.
Se nulla cambia per i requisiti richiesti per la pensione con opzione donna e ape sociale, per la quota 103, che permetterà ancora il prossimo anno di andare in pensione prima a 62 anni di età e con 41 anni di contributi versati, il trattamento sarà determinato esclusivamente con il ricalcolo contributivo.
Ciò significa che chi deciderà di uscite prima con tale sistema, otterrà un assegno ridotto almeno fino alla maturazione dei normali requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia (a 67 anni di età e con almeno 20 anni di contributi).
Passando alle modifiche attese per gli importi delle pensioni nel 2025, si va verso la ‘nuova’ piena indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione e l’aumento delle pensioni minime (che dovrebbero arrivare sui 621 euro circa mensili).
Cambiano ancora, infatti, nel 2025 le percentuali rivalutative passando dalle sei attuali nuovamente a tre, che saranno del 100% fino a 4 volte il minimo Inps, del 90% tra quattro e cinque volte e del 75% da sei volte il trattamento minimo in su.
Con la nuova Manovra Finanziaria, il governo punta a definire nuovi bonus per chi decide di restare al lavoro pur avendo raggiunto l’età pensionabile, soprattutto nel pubblico impiego ma anche per i privati.
Dovrebbe, infatti, essere introdotto un sistema di incentivi alla permanenza in servizio su base volontaria sul fronte fiscale. Il ministro dell’Economia Giorgetti ha parlato di una detassazione del 9,19% per i contributi a carico del lavoratore, ma bisogna ancora capire quali saranno effettivamente i dettagli operativi.
Un altro obiettivo dell’esecutivo in tema pensionistico è spingere sulla previdenza complementare con l’introduzione di un semestre di silenzio assenso per destinare il Tfr ai fondi pensione.
I tecnici del ministero starebbero lavorando per far partire il silenzio-assenso di 6 mesi dal prossimo gennaio.
Se la misura sarà approvata, i lavoratori che lasciano il Trattamento in azienda dovranno esprimere entro sei mesi la loro volontà o di continuare a versarlo lì o di metterlo nel fondo di categoria.
Se il lavoratore non dichiarerà esplicitamente la sua decisione, diventerà silente e il Trattamento passerà direttamente nel fondo pensione.